Controlli e liti

Sì all’accertamento fondato sulle Ctu e sulla sentenza di patteggiamento

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di Roberto Bianchi

È conforme alla legge l’accertamento fondato sulle consulenze tecniche d’ufficio effettuate nel corso del procedimento penale e sulla sentenza di patteggiamento, che viene giudicata quale ammissione di responsabilità. Le perizie e la sentenza di patteggiamento inoltre, qualora acquisite dall’Amministrazione Finanziaria e rappresentate nella giustificazione dell’atto di accertamento, non hanno la necessità di essere accluse all’atto impositivo. A questa conclusione è giunta la Cassazione con la sentenza 22862/2017 .

Al contribuente di conseguenza, qualora la motivazione risulti essere esaustiva e la menzione agli atti possieda una banale funzione illustrativa, non viene riconosciuta la possibilità di esaminare il contenuto della documentazione alla quale venga fatto richiamo.
Nella circostanza in esame la società romagnola depositava ricorso per Cassazione in opposizione alla sentenza 75/07/2013 emessa della Ctr dell’Emilia Romagna, che aveva dichiarato la legittimità dell’atto di accertamento attraverso il quale, in conseguenza all’ottenimento degli atti afferenti il procedimento penale instaurato nei confronti della compagine sociale, veniva accertata la sussistenza di evasione fiscale in capo alla società. I giudici felsinei hanno reputato l’avviso di accertamento correttamente argomentato in quanto fondato sulle risultanze delle consulenze tecniche d’ufficio, effettuate nel corso del procedimento penale, eseguite nei confronti della compagine sociale e ribadite all’interno della sentenza penale di patteggiamento.

Il contribuente impugnava la sentenza, emessa dal collegio di merito, per carenza di motivazione, non essendosi i giudici della provinciale espressi, in violazione di quanto disposto dal Dpr 600/1973, articolo 42, e dalla legge 212/2000, articolo 7, sulla valenza della sentenza di patteggiamento, segnalata dall’agenzia delle Entrate quale mezzo di prova esclusivamente in appello, non menzionata nell’avviso di accertamento e nemmeno prodotta in giudizio. In merito alle risultanze della Ctu afferente il processo penale, a parere della parte ricorrente, l’avviso di accertamento risultava carente delle motivazioni per le quali le stesse erano state condivise dall’agenzia delle Entrate, anche in considerazione della circostanza che né la relazione dei consulenti tecnici, né le sentenze di patteggiamento risultavano essere state prodotte nel corso del giudizio. Le censure, tuttavia, a parere del collegio di legittimità, risultavano essere immotivate in quanto l’Ufficio aveva correttamente ottemperato al vincolo della motivazione, fondata sulle Ctu effettuate per il processo penale e inoltre sulle correlate sentenze di patteggiamento, riconducendo all’interno dell’atto di accertamento le incongruenze riscontrate dai periti e garantendo, di conseguenza, il diritto di difesa. Pertanto l’onere probatorio gravante sull’agenzia delle Entrate risultava assolto sulla base di una molteplicità di fattori, tra i quali l’incoerenza fra costi e utili e l’individuazione di ricavi dissimulati, in grado di integrare le presunzioni già corroborate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Cassazione, sezione tributaria, sentenza 22862 del 29 settembre 2017

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