Controlli e liti

Sì all’avviso basato solo sulla verifica verso un fornitore

immagine non disponibile

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Se sulla base della verifica svolta sul fornitore viene emesso avviso di accertamento anche al cliente, quest’ultimo non ha alcun diritto al contraddittorio preventivo. Salvo non si tratti di tributi armonizzati, ma solo a condizione che il contribuente interessato spieghi quale ragioni avrebbe potuto esporre nel contraddittorio omesso. Inoltre, le ragioni di urgenza per emettere l’avviso di accertamento prima dei 6 giorni dopo la consegna del verbale sussistono in caso di società fallita per la quale l’amministrazione ha necessità di velocizzare l’insinuazione, ancorché tardiva, nel passivo. Così chiarisce il contraddittorio preventivo la Cassazione, Sezione tributaria, rispettivamente con l’ordinanza 8890 e la sentenza 8892 depositate l’11 aprile scorso.

La prima pronuncia è su una società che lamentava l’emissione dell’avviso senza l’esecuzione del contraddittorio preventivo. La Ctp respingeva il ricorso, ila Ctr riteneva fondate le doglianze definitive per l’assenza del contraddittorio preventivo. La Suprema Corte, cui si è rivolta l’agenzia delle Entrate, ha invece cassato la sentenza della Ctr.

Per i giudici di legittimità, non c’è obbligo di contraddittorio preventivo: l’accesso era stato svolto non nei confronti della società ma di un altro soggetto suo fornitore sospettato di aver emesso alla società stessa fatture soggettivamente inesistenti. A seguito di tale controllo (al fornitore) era emesso l’atto impositivo verso la società, che quindi, non avendo subìto accessi, non poteva lamentare violazione del diritto al contraddittorio. In sostanza si configurava un controllo “a tavolino” a un terzo.

Trattandosi poi di violazioni Iva (tributo armonizzato), la violazione dell’obbligo di contraddittorio può rendere illegittimo l’atto, se il contribuente interessato offre la prova di resistenza, cioè illustri l’utilità in concreto del contradditorio omesso e quindi la sua non pretestuosità.

Nella sentenza 8992, invece, la Cassazione doveva verificare la legittimità delle ragioni di urgenza sostenute dalle Entrate per derogare al rispetto dei 60 giorni prima di emettere l’avviso di accertamento: l’insussistenza in concreto dell’urgenza comporta nullità dell’atto impositivo emesso ante tempus. La vicenda riguardava una società fallita e per l’Agenzia l’emissione dell’accertamento dopo pochi giorni dalla notifica del Pvc si giustificava con la necessità di generare in tempi brevi un titolo idoneo per insinuarsi al passivo, nella procedura fallimentare da parte dell’amministrazione.

La difesa della società fallita eccepiva al riguardo l’inconsistenza di tale urgenza atteso che erano comunque decorsi i termini per insinuarsi anche tardivamente nel passivo. Per la Cassazione, invece, la necessità dell’erario di provvedere all’insinuazione anche tardiva nel passivo giustifica l’emissione anticipata dell’atto impositivo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©