Controlli e liti

Sì alla Pec fuori dagli elenchi e in assenza di firma digitale

Per la Cassazione n. 6015/2023 la notifica della cartella è valida: difesa comunque garantita

La Cassazione con l’ordinanza 6015 del 28 febbraio 2023 si è pronunciata su tre importanti princìpi, due dei quali ancora oggetto di discussione nella giurisprudenza di merito. Il primo riguarda la validità della notifica di una cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec non risultante da pubblici registri.

Parte della giurisprudenza ritiene, da un lato, la notifica inesistente e come tale non suscettibile di alcuna sanatoria, ex articolo 156 del Codice di procedura civile (si veda, da ultimo, la sentenza della Cgt Lazio n. 6507/2022); dall’altro lato, alcune Corti si sono invece discostate da questo orientamento (si veda la sentenza della Cgt del Piemonte del 22 agosto 2022).

Sul punto, la Suprema Corte, richiamando un recente arresto reso dalle Sezioni Unite (n. 15979 del 18 maggio 2022) ha affermato che «in tema di notificazione a mezzo Pec, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto».

Il secondo principio concerne la necessità o meno di sottoscrivere con firma digitale le cartelle di pagamento, in origine cartacee, notificate a mezzo Pec.

Anche sul tale questione esiste un contrasto nella giurisprudenza di merito. Da un lato, alcune Corti sostengono la necessità della sottoscrizione digitale, senza la quale le cartelle sono da ritenersi illegittime (si veda, in questo senso la sentenza n.127/2022 della Cgt Calabria); altre il contrario (come la sentenza n. 133/2017 della Ctp Isernia).

I giudici di legittimità, confermando il proprio orientamento (da ultimo, con l’ordinanza n. 801 del 2023), hanno ribadito il principio per cui «in caso di notifica a mezzo Pec, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso».

Infine, il terzo principio – quest’ultimo ormai recepito dalla giurisprudenza di merito, seppur dopo iniziali sentenze di segno contrario - attiene all’individuazione del termine prescrizionale applicabile alla riscossione dell’Ires, Irpef, Irap e Iva. I giudici supremi, a conferma dell’orientamento ormai consolidato (Cassazione 6069/2003, 2941/2007, 19969/2019 e 12740/2020), hanno ribadito il principio per cui il diritto alla riscossione del credito erariale si prescrive nell’ordinario termine decennale. Trova infatti applicazione, in assenza di una espressa previsione, l’articolo 2946 del Codice civile, non potendosi applicare il termine quinquennale previsto dall’articolo 2948, comma 1, n. 4, per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi. Questo in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario e il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove e autonome valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.

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