Controlli e liti

Sì alla vendita del terreno a un prezzo inferiore a quello della perizia

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di Andrea Taglioni

È illegittimo calcolare la plusvalenza secondo i modi ordinari se il contribuente vende il terreno ad un valore inferiore rispetto a quello rivalutato. Una volta che il contribuente redige la perizia giurata e adempie al pagamento dell’imposta sostitutiva non gli è preclusa la possibilità di alienare il bene ad un prezzo inferiore a quello periziato. In questo caso, il valore rideterminato costituisce valore normale minimo di riferimento inibendo all’amministrazione finanziaria di calcolare la plusvalenza sulla base del prezzo di cessione e il costo storico del bene. Sono questi i principi enunciati dalla Cassazione con l’ ordinanza 7037/2018 del 21 marzo scorso.

Questi i fatti. Al contribuente veniva notificato un avviso di accertamento con cui veniva contestata l’inefficacia della rivalutazione effettuata ai sensi della legge 448/2001 in quanto la vendita del terreno era avvenuta ad un prezzo inferiore a quello indicato in perizia. L’Ufficio, quindi, provvedeva al calcolo della plusvalenza nei modi ordinari non tenendo conto del costo rivalutato.

La sentenza di primo grado, che vedeva accolto il ricorso, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale alla quale l’amministrazione finanziaria interponeva ricorso in Cassazione lamentando, in particolar modo, l’errore in cui erano incorsi i Giudici nel ritenere, nonostante la differenza tra il valore di vendita e il valore di perizia, quest’ultimo superiore al primo, l’efficacia del costo affrancato.

I giudici di legittimità, nel rigettare il motivo di ricorso ricordano che la possibilità di assumere, in luogo del costo di acquisto o del valore dei terreni edificabili e di quelli agricoli, il valore ad essi attribuito con perizia di stima asseverata e con il versamento di imposta sostitutiva, non può venir meno per effetto dalla prassi amministrativa che considera inefficace la rivalutazione qualora il corrispettivo di cessione fosse inferiore al valore rivalutato.

Muovendo da tali premesse la Corte ribadisce che le circolari interne sono inidonee a spiegare un qualsiasi effetto giuridico nei confronti dei soggetti estranei e ad incidere sul rapporto tributario che è regolato soltanto dalla legge.

Da ciò ne scaturisce che la norma, a differenza del ragionamento fatto dalla difesa erariale, non pone conseguenze preclusive così come interpretate. Infatti, i presupposti a ricorrere dei quali ha effetto la rivalutazione sono ben indicati dalla legge e sono subordinati solamente al rispetto della redazione della perizia e, soprattutto, al pagamento dell’imposta sostitutiva nei termini previsti dalla legge.

Pertanto, secondo i giudici, la disposizione in questione indica esclusivamente che il valore periziato è il valore minimo di riferimento, anche ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, ma non indica, che al di sotto di quel valore la rivalutazione è inefficacie.

Tenuto conto che legge di Bilancio 2018 ha riaperto nuovamente i termini per la rivalutazione sarebbe auspicabile un definitivo intervento che ponga fine all’incertezza normativa evitando, al contempo, il verificarsi degli orientamenti contrastanti (ordinanza 24136/2017) formatisi sull’argomento.

Cassazione, ordinanza 7037/2018

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