Controlli e liti

Società di comodo, lo svolgimento dell’attività vale come prova contraria

Ammessa la dimostrazione dello svolgimento di un’attività effettiva

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

La prova contraria nell’applicazione della disciplina delle società di comodo può anche consistere nella dimostrazione dello svolgimento di un’attività imprenditoriale effettiva. In questo modo, la normativa di riferimento appare conforme al principio di proporzionalità e coerente con la recente proposta di direttiva in materia elaborata dalla Commissione UE. Con l’ordinanza 16472, depositata il 23 maggio, la Cassazione, pur non abbandonando del tutto il paradigma delle oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi, lo contestualizza, adattandolo alle vere finalità della normativa sulle società di comodo.

Il caso aveva a oggetto una società che non aveva superato il test di non operatività a causa dell’ammontare dei canoni di locazione pattuiti in contratto, a dire dell’Ufficio non congrui, che tuttavia non potevano ovviamente essere modificati unilateralmente. Al riguardo, la Corte ha ricordato che la normativa in questione racchiude due presunzioni legali. Alla prima, di «non operatività» della società, in conseguenza del mancato superamento del test o per effetto di perdite reiterate, viene infatti associata la seconda, rivolta proprio alle società non operative, per le quali entra in gioco la presunzione sul reddito minimo. Così che, se la società fornisce la prova della propria operatività (prima presunzione), la seconda presunzione non può trovare applicazione.

Senonché, la Corte ha rilevato che la prova contraria all’applicazione della prima presunzione può anche consistere nella sussistenza di un’effettiva attività imprenditoriale che rappresenta proprio la circostanza la cui segnalazione è collegata al raggiungimento del livello minimo di ricavi determinato per legge. Procedendo ad un esame comparativo con la normativa unionale, i giudici di vertice ricordano che la Commissione europea ha elaborato una proposta di direttiva per contrastare le costruzioni societarie fittizie. Anche in tale ambito, la prova contraria è costituita dalla dimostrazione di svolgimento di attività commerciali autentiche, senza il perseguimento di un vantaggio fiscale fine a se stesso.

Si osserva infine che in tanto la normativa in esame appare conforme al principio di proporzionalità, in quanto il contribuente è messo in condizioni di produrre «senza eccessivi oneri» gli elementi che ne consentono la disapplicazione. Ma se così è, è evidente che la via di fuga non può consistere sempre nella ricerca di una cervellotica impossibilità a conseguire i ricavi pretesi.

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