Società estere, la nomina di un rappresentante fiscale preclude il frazionamento ai fini Iva
La società estera che opera in subappalto per la costruzione di una piattaforma petrolifera in Italia, qualora nomini il rappresentante fiscale, non può poi frazionare ai fini Iva le singole fasi delle operazioni intraprese. Intanto, tutti gli atti compiuti sono sempre riconducibili ad una prestazione unica nella sua sostanza economica, che non può essere scomposta per non alterare la funzionalità del sistema dell’Iva. Se poi la società estera fattura direttamente le prestazioni svolte obbliga i committenti, prima del 2010, all’emissione di autofattura e ciò consente al suo rappresentante fiscale in Italia di richiedere indebitamente a rimborso l’Iva a credito senza avere decurtato l’Iva a debito e conseguire, così, un indebito credito Iva. Così le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 3872-2018 depositata ieri.
La vicenda
Il rappresentante fiscale in Italia di una società croata viene accertato dall’amministrazione, che gli ricupera l’Iva a credito già chiesta a rimborso per il 2004 e 2005. Secondo l’amministrazione la società croata, soggetto extra Ue all’epoca dei fatti, ha tenuto una condotta elusiva perché, dopo avere avuto da parte di un consorzio di imprese italiane il subappalto per la costruzione di una piattaforma petrolifera, ha acquistato in Italia il materiale necessario per l’esecuzione dei lavori con il rappresentante fiscale, ma ha poi fatturato direttamente le lavorazioni alle società italiane senza utilizzare il rappresentante fiscale nominato.
In questo modo le società acquirenti italiane, in base alla norma vigente ratione temporis (precedente all’introduzione nel 2010 del meccanismo del reverse charge anche per le società estere che hanno nominato il rappresentante fiscale in Italia) emettevano autofattura e il rappresentante fiscale, non avendo imposta a debito da sottrarre a quella assolta sugli acquisiti, risultava a credito dell’Iva, poi chiesta a rimborso.
Il contenzioso
La società estera, tramite il proprio rappresentante fiscale, si oppone ante la Ctp. Intanto la società estera ha facoltà di operare attraverso il proprio rappresentante fiscale Iva anche solo per alcune delle operazioni effettuate in Italia. Inoltre, se la cessione dei beni finiti viene fatturata direttamente dall’estero senza il rappresentante fiscale nominato in Italia, non emerge alcun indebito vantaggio fiscale, perché l’Iva detratta sugli acquisti viene comunque versata dal cessionario.
L’Amministrazione resiste. Il soggetto non residente che nomina un rappresentante fiscale deve utilizzarlo per tutte le operazioni che effettua sul territorio nazionale. Non rileva che l’Iva sugli acquisti sia stata versata dai cessionari in quanto le vendite effettuate direttamente dalla società estera senza l’ausilio del rappresentate fiscale nei confronti di soggetti residenti in Italia obbligano costoro ad emettere autofattura e il rappresentante fiscale nominato può così mantenere inalterato il credito Iva maturato e richiederlo indebitamente a rimborso.
La sentenza
I giudici di merito danno ragione alla società estera costringendo l’amministrazione a proporre ricorso per Cassazione. La sezione quinta civile, investita della causa, con ordinanza rimette gli atti al primo presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite. Queste ultime accogono il ricorso, cassano la sentenza senza rinvio e nel merito, rigettano i ricorsi introduttivi proposti, per queste motivazioni:
•La costruzione di una piattaforma petrolifera in Italia a cui partecipa una società estera con acquisto dei materiali, assemblaggio e montaggio costituisce un’operazione economica complessa, ma oggettivamente unitaria. Pertanto, essendo i singoli atti compiuti sempre strettamente connessi e riconducibili ad una prestazione unica nella sua sostanza economica ne deriva che, per non alterare la funzionalità del sistema dell’Iva, l’operazione non può mai essere scomposta o scissa;
•Il contribuente non residente che, per l’acquisto dei beni costituenti il primo segmento di un’operazione complessa ma oggettivamente unitaria, opta per l’applicazione dell’Iva in base al regime ordinario nominando il rappresentante fiscale, non può poi fatturare direttamente le prestazioni svolte. Questo in quanto, obbligando i committenti italiani (prima del 2010) all’emissione di autofattura, conseguirebbe un indebito vantaggio fiscale consentendo al rappresentate fiscale, che non ha imposta a debito da sottrarre a quella precedentemente assolta sugli acquisiti, di potere indebitamente richiedere a rimborso tutta l’Iva a credito senza decurtare alcuna Iva a debito.