Imposte

Società estere, tempi stretti per la distribuzione delle riserve

Dopo il 31 dicembre 2022 aumento della tassazione fino a 14 punti percentuali. Abbattimento imponibile e tax credit danno un’imposta più bassa della sostitutiva

di Michela Folli

Per le persone fisiche residenti che detengono partecipazioni qualificate in società estere, l’applicazione del regime transitorio di tassazione dei dividendi può avere un impatto notevole.

Dal 1° gennaio 2018, la ritenuta del 26% sui dividendi percepiti dalle persone fisiche residenti al di fuori dell’esercizio d’impresa si applica indistintamente sui dividendi relativi a partecipazioni qualificate e non qualificate in società italiane ed estere (articolo 1, commi 999 e seguenti, della legge 205/2017).

Fanno eccezione gli utili provenienti da paesi a fiscalità privilegiata che concorrono integralmente alla formazione del reddito complessivo del socio a meno che non siano già stati tassati per trasparenza o sia dimostrabile che, dalla partecipazione, non si sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Paesi a fiscalità privilegiata.

Il comma 1006 della legge 205/2017, tuttavia, reca un regime transitorio in base al quale «alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberati fino al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 26 maggio 2017». Di conseguenza tali utili, anziché essere soggetti alla ritenuta d’imposta del 26% prevista dal regime vigente, continuano ad essere dichiarati nel quadro RL del modello redditi nelle misure ridotte previste dal decreto ministeriale citato. In particolare:

- gli utili prodotti dalla società che eroga i dividendi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 concorrono a formare il reddito complessivo nella misura del 40%;

- per quelli prodotti dall’esercizio successivo, fino a quello in corso al 31 dicembre 2016, la misura è elevata al 49,72%;

- per quelli prodotti dall’esercizio successivo, fino a quello in corso al 31 dicembre 2017, la misura è elevata al 58,14%.

Il concorso al reddito complessivo dei dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e deliberati fino al 31 dicembre 2022 porta con sé la possibilità di beneficiare del credito per le imposte pagate all’estero (normalmente in forma di ritenuta) sui dividendi stessi; possibilità che, invece, non è consentita per i dividendi soggetti a ritenuta d’imposta perché non concorrono a formare il reddito complessivo.

Le imposte pagate all’estero scomputabili non possono eccedere quelle che sarebbero dovute nello Stato estero in base alle eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni (circolare 9/E del 2015, paragrafo 2.4) e devono essere riproporzionate in funzione della quota di utile imponibile in Italia (40%, 49,72% o 58,14%, a secondo dell’anno di formazione dell’utile) in base al comma 10 dell’articolo 165 del testo unico.

Inoltre, il credito d’imposta spetta nei limiti delle imposte italiane corrispondenti al reddito estero assoggettato a tassazione in Italia e nei limiti dell’imposta netta dovuta in Italia (articolo 165, comma 1, del testo unico), salva la possibilità di riportare a nuovo, fino all’ottavo periodo d’imposta successivo, le eventuali eccedenze (articolo 165, comma 6, del Testo unico).

Ciò premesso, è evidente che l’abbattimento dell’imponibile combinato con il tax credit determina un’imposta complessiva significativamente inferiore all’imposta sostitutiva del 26% sul dividendo lordo (o, nel caso di dividendo percepito per il tramite di intermediari italiani, sul cosiddetto «netto frontiera», ossia al netto delle ritenute subite all’estero).

Per fare un esempio, se la riserva distribuita è pari a 1.000; la ritenuta convenzionale estera è 15%, la base imponibile in Italia è 40% (riserva formata con utili prodotti fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007), la tassazione in Italia (Irpef più addizionali) è 45%:

- l’imposta estera è 150 (1.000 x 15%);

- l’imposta italiana è 180 (1.000 x 40% x 45%);

- l’imposta estera accreditabile nei limiti dell’imposta netta italiana è 60 (150 x 40%);

- con un costo fiscale complessivo di 270 (150 + 180 – 60).

Lo stesso conteggio calcolato con base imponibile italiana pari al 49,72% del dividendo comporta una imposta complessiva di 289 e con base imponibile pari al 58,14%, un’imposta complessiva di 313.

Se le stesse riserve saranno distribuite dopo il 31 dicembre 2022 saranno soggette ad una tassazione in Italia di 221 ove il dividendo venga incassato per il tramite di un intermediario italiano [(1.000 – 150) x 26%] o di 260 in assenza dell’intermediario. Il carico fiscale complessivo sarà quindi pari a 371 nel primo caso e 410 nel secondo. Un costo fiscale aggiuntivo, quindi, che può giungere fino a 14 punti percentuali.

IN SINTESI

1) Società estere, più tasse sulle riserve distribuite dopo il 31 dicembre 2022

Distribuire le riserve di società estere dopo il 31 dicembre 2022 potrà comportare fino a 14 punti percentuali in più di imposte. Gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e distribuiti entro il 31 dicembre 2022 da società estere a persone fisiche residenti in Italia su partecipazioni qualificate non detenute nell’esercizio d’impresa concorrono a formare il reddito complessivo del socio, anziché essere soggetti all’imposta sostitutiva del 26 per cento. Ciò consente al socio di fruire del tax credit per le imposte pagate all’estero sui dividendi.

2) Scomputo, imponibile ridotto e tax credit anche se parziale

Le riserve formate con utili prodotti fino al 31 dicembre 2017 distribuite fino al 31 dicembre 2022 concorrono a formare il reddito delle persone fisiche detentrici di partecipazioni qualificate al di fuori dell’esercizio d'impresa in misura ridotta (fra il 40 per cento e il 58,14 per cento) in funzione del periodo in cui la società estera ha prodotto all'estero.Di conseguenza, per effetto dell’articolo 165, comma 10, del Testo unico l’ammontare delle imposte estere scomputabili è proporzionalmente ridotto. Il regime transitorio è comunque meno penalizzante dell’imposta «secca» del 26% sul dividendo lordo o sul cosiddetto «netto frontiera».

3) Effetti: più vantaggi sugli utili provenienti da paesi a fiscalità privilegiata

I dividendi distribuiti da società estere a fiscalità ordinaria a persone fisiche non imprenditori residenti in Italia sono penalizzati non solo rispetto a quelli distribuiti da società italiane, ma anche, in certi casi, rispetto a quelli distribuiti da società estere a fiscalità privilegiata. I dividendi distribuiti da società estere a fiscalità privilegiata con «esimente della commercialità» a persone fisiche che le controllano direttamente o indirettamente, concorrono a formare integralmente il loro reddito complessivo imponibile, ma beneficiano di un doppio credito d'imposta che consente di neutralizzare sia le imposte eventualmente pagate dalla società estera sui redditi propri sia l’eventuale ritenuta alla fonte sui dividendi stessi.

4) Esimenti in gioco: il doppio credito d’imposta rende equa la tassazione

Se la controllata estera a fiscalità privilegiata non fruisce di esimenti, il suo reddito complessivo è tassato separatamente per trasparenza in capo al socio e spetta integralmente il credito per le imposte pagate all'estero dalla controllata; inoltre, il dividendo non è più tassabile, ma spetta il credito d'imposta per le ritenute subite nello stato estero. Se la controllata estera fruisce dell’esimente dalla commercialità, il dividendo concorre alla formazione del reddito del socio e spetta - in aggiunta al credito per le imposte applicate all'estero sui dividendi - anche il «credito d'imposta indiretto» in corrispondenza delle imposte pagate dalla società estera sui redditi propri. Il credito d'imposta indiretto si aggiunge all'imponibile e si scomputa dall'imposta netta.

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