Controlli e liti

Società esterovestita: no al registro fisso sugli edifici conferiti

di Angelo Busani

Non si applica l’imposta di registro fissa al conferimento di immobili, ubicati in Italia, in una società che abbia la sede legale o amministrativa in uno Stato Ue, quando la società sia “esterovestita”. Cioè, «fittiziamente localizzata» al di fuori del territorio nazionale, avendo invece in Italia «l’effettiva direzione organizzativa». È questa la decisione, priva di precedenti (se non quello di primo grado), della Ctr Lombardia 1265/21/2018 (presidente e relatore D’Agostino), che ha respinto il ricorso contro una sentenza analoga della Ctp Milano (7808/5/2016).

Il caso riguarda l’applicazione della norma del Tur (Dpr 131/1986), contenuta nella Nota IV dell’articolo 4 della Tariffa, Parte prima, secondo cui si applica l’imposta fissa ai conferimenti di immobili nel capitale sociale di società che abbia «la sede legale o amministrativa in altro Stato membro dell’Unione europea». Il mero fatto della particolare ubicazione della sede legale o amministrativa della società conferitaria permette, pertanto, di non tassare il conferimento con l’aliquota proporzionale dell’imposta di registro (a seconda dei casi, il 15, il 9 o il 4%).

Nel caso deciso dalla Ctr Lombardia, invece, l’Agenzia prima (in sede di accertamento) e la giurisprudenza poi, hanno dato ingresso – in chiave evidentemente antielusiva – al concetto, del quale la norma non parla, secondo il quale il trattamento tributario in questione non si può applicare alla società che «svolgendo la propria attività in Italia» in effetti risulti essere «un soggetto economico c.d. esterovestito, finalizzato a procurare» ai suoi soci «una tassazione di maggior favore».

Che la società conferitaria avesse queste caratteristiche è dimostrato, secondo la sentenza, dal fatto che i soci fossero italiani, che gli immobili conferiti (e ubicati in Italia) fossero gli «esclusivi asset patrimoniali» della società e che il suo conto economico fosse formato «soltanto dai proventi derivanti dai canoni di locazione e dai costi dell’inerente gestione». A nulla è dunque valso per il contribuente difendersi osservando che l’amministrazione della società era localizzata in Lussemburgo, dove si svolgevano le assemblee dei soci e «si trovava ad agire l’organo amministrativo»; né sottolineare il perseguimento dell’oggetto sociale, da parte degli amministratori di una società, «non può essere confuso con i beni immobili cui attiene l’attività imprenditoriale, non rilevando la loro ubicazione territoriale».

La sentenza parla di disapplicazione della norma di cui alla Nota IV dell’articolo 4 della Tariffa allegata al Dpr 131/1986 per ragioni di elusione, ma senza riferirsi all’articolo 10-bis, legge 212/2000 e, in particolare, al fatto che l’abuso del diritto è configurabile solo quando siano compiute operazioni che «realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti», per tali intendendosi quei vantaggi che il legislatore avrebbe disconosciuto se avesse espressamente normato la macchinazione ritenuta elusiva nel caso concreto. Ma il tema è che – nel caso dell’operazione di conferimento in una società con sede nella Ue – il legislatore ha in effetti preso in considerazione l’operazione, non per vietarla, bensì per agevolarla.

Ctr Lombardia, sentenza 1265/21/2018

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