Società, l’assemblea non è obbligata a definire i poteri dei liquidatori
L'assemblea che delibera lo scioglimento e la messa in liquidazione di una società non deve necessariamente determinare i poteri dei liquidatori cosicché, ove manchi una simile indicazione, essi risultano investiti, in forza di legge, del «potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società» (articolo 2489 del Codice civile). La definizione del perimetro dei poteri dei liquidatori ad opera dell’autonomia privata, infatti, è meramente eventuale e rappresenta un’eccezione alla regola generale per la quale essi possono compiere ogni attività utile alla procedura di liquidazione. È quanto deciso dalla Cassazione con l’ ordinanza 13867/2017.
Nel caso esaminato, a seguito del fallimento di una società a responsabilità limitata già posta in liquidazione per sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, un professionista aveva proposto opposizione allo stato passivo della procedura per ottenere l’ammissione al passivo di un proprio credito, sorto a fronte dell’espletamento di un incarico professionale (redazione di un progetto economico finanziario di risanamento della società da sottoporre al sistema bancario), conferitogli dal liquidatore.
L’istanza di ammissione del credito professionale era stata però rigettata dal giudice delegato, il quale aveva ritenuto che il liquidatore non avesse i poteri per conferire un simile incarico.
Tesi confermata dal giudice di prime cure che, pur riconoscendo che la «predisposizione del piano di risanamento, nell’ottica di verificare la convenienza della prosecuzione dell’attività economica (sia pure mediante cessione ad altra società)», «costituiva indubbiamente atto utile alla liquidazione, rientrante nel tipo delle operazioni astrattamente possibili ai sensi dell’articolo 2487, comma 1, lettera c)» del Codice civile, aveva respinto il ricorso del professionista, dal momento che nella delibera oggetto di discussione era assente ogni «specifica indicazione dei criteri in base ai quali si sarebbe dovuta svolgere la liquidazione», e neppure erano stati definiti in maniera analitica i poteri dei liquidatori, salva la «possibilità di ristrutturazione dell’azienda nei limiti di una auspicata ripresa generale del settore del mercato».
Il professionista aveva quindi proposto ricorso evidenziando l’errore del giudice, dal momento che aveva trascurato il chiaro disposto dell’articolo 2489, comma primo, del Codice civile, che attribuisce ai liquidatori ogni potere per dar seguito alla liquidazione della società.
Secondo la Cassazione la regola che prevede siano dettagliati in maniera analitica i poteri dei liquidatori (articolo 2487 del Codice civile) ha natura speciale ed opera solo in via residuale e, dal momento che essa presuppone una limitazione dei poteri dei liquidatori, «in deroga alla generale previsione di legge» (contenuta nell’articolo 2489 del Codice civile), la relativa decisione deve essere pubblicata «mediante iscrizione nel Registro imprese, a tutela dell’affidamento dei terzi i quali, in difetto, legittimamente riterranno i liquidatori muniti dei poteri di legge» (articolo 2487-bis del Codice civile).
La pronuncia risulta assai interessante dal momento che si focalizza su una questione di rilevante impatto pratico e ribalta il precedente orientamento assunto dalla medesima Corte di Cassazione che, poco più di un anno fa, aveva affermato l’esatto contrario, vale a dire che il liquidatore (nel caso di specie si era trattato di una società per azioni) non era legittimato a conferire un incarico per presentare una proposta di concordato preventivo, ancorché liquidatorio, se non investito di un simile potere dall’assemblea. (Cassazione 12273/2016).
Cassazione, ordinanza 13867/2017