Sospensiva degli effetti dell’atto impugnato e vaglio della Consulta
Secondo l’attuale disciplina può essere chiesta se c’è il rischio di un danno grave ed irreparabile
Anche il regime della sospensione degli effetti dell’atto impugnato è stato interessato dalla riforma. Secondo l’attuale disciplina con ricorso o con atto separato notificato alle altre parti può essere chiesta la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’atto impugnato, quando ne può derivare un «danno grave ed irreparabile» (articolo 47, Dlgs 546/1992).
La tutela cautelare è sempre più elemento indefettibile del processo, a maggior ragione ora che i nuovi modelli di cartella di pagamento e gli atti dell’esecuzione coesistono con i residuati delle vecchie cartelle, lasciando intimati i vecchi “oneri di riscossione” esattoriali. Si attende una nuova rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale per i carichi affidati fino al 31 dicembre 2021, stante l’esercizio palesemente irragionevole della propria discrezionalità da parte del legislatore nonostante il monito della sentenza 120/2021 .
I presupposti della sospensiva, tanto nel diritto comune quanto nel diritto tributario, sono noti e non sono mutati: apparente fondatezza del ricorso sommariamente delibata (fumus boni juris); grave ed irreparabile danno (periculum in mora) tale da compromettere o pregiudicare gravemente la sopravvivenza del ricorrente come operatore economico, impresa o professionista, o addirittura pregiudicare diritti fondamentali della persona.
La tutela cautelare opera anche nei gradi successivi al primo, in forza delle modifiche introdotte dal Dlgs 156/2015. In appello dispone l’articolo 52. In fase di legittimità al ricorrente in Cassazione è consentito rivolgersi al giudice d’appello per sindacare il solo periculum e sospendere l’esecutività della sentenza ricorsa per cassazione (articolo 62-bis).
La fase cautelare è improntata alla celerità, essendo previsti espressamente dei termini, sia pur ordinatori, che indirizzano l’azione della Corte di giustizia: 180 giorni per la pronuncia sulla sospensiva; successivi 90 giorni per la discussione nel merito, quando l’istanza sulla sospensiva è stata accolta. Tale esigenza di celerità è stata recepita dalla riforma. Secondo la norma novellata il presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile, comunque non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione della medesima istanza, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima.
L’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione non può coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia.
Il collegio provvede con ordinanza motivata non impugnabile, il cui dispositivo è comunicato immediatamente nella stessa udienza di trattazione dell’istanza.
Questa esigenza di celerità, enfatizzata dal legislatore, merita una precisazione. Sin dalla fase cautelare, possono evidenziarsi questioni di legittimità costituzionale delle norme implicate nel caso di specie. Pensiamo all’aggio esattoriale applicabile, secondo la norma vigente, sino al 31 dicembre 2021.
In tal caso il provvedimento sarà duplice: sospensiva interinale degli effetti dell’atto impugnato e sospensione del processo con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione incidentale sulla legittimità costituzionale della norma interessata dalla censura della parte ricorrente o sollevata d’ufficio dalla Corte di giustizia tributaria.
La Corte costituzionale chiaramente ammette che la questione sia sollevata in sede cautelare: è una facoltà doverosa per garantire la tempestività dell’incidente di costituzionalità, la cui finalità assume una peculiare rilevanza nella fase cautelare.
Infatti, non risulta esaurita la potestas iudicandi qualora si richieda l’emanazione di separato atto, contestualmente all’emanazione del provvedimento di rimessione alla Corte costituzionale. Si tratta di una misura interinale, efficace sino alla successiva restituzione degli atti da parte della Corte e alla ripresa del procedimento principale dopo l’incidente di legittimità costituzionale.
Plurime pronunce della Consulta confermano che la potestas iudicandi del giudice remittente non può ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare sia fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale (sentenza 9 maggio 2013, n. 83).
In tal caso, è di carattere provvisorio e temporaneo la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l’incidente di legittimità costituzionale (236/2010; 161/2008; 25/2006).
La misura cautelare interinale è condizionata anzitutto agli esiti dello scrutinio di costituzionalità richiesto.
La Corte di giustizia tributaria solleva la questione di legittimità costituzionale. Con separata ordinanza concede la misura cautelare interinale fino alla camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale (sentenze 10/2018 e 84/2016).
Anzi, può dirsi tardiva la rimessione degli atti alla Corte successivamente alla chiusura della fase cautelare nella quale il giudice remittente ha fatto applicazione della norma sospettata di non essere conforme ai parametri costituzionali.
Il riformatore, in conclusione, rafforza la scansione temporale della fase cautelare la quale non deve perdere di vista l’esigenza di una corretta applicazione delle norme in conformità ai parametri costituzionali.
Da ciò la necessità in fase cautelare di promuovere l’incidente di costituzionalità della norma con l’avvertenza, ripetuta dalla Corte costituzionale, che ciò è ammissibile e, anzi, necessario.