Imposte

Spese di trasferta e rimborsi, nelle tabelle Aci manca l’auto solo elettrica

di Giorgio Gavelli

Quando il dipendente, collaboratore o amministratore si reca in trasferta per conto dell'impresa utilizzando la propria autovettura, in caso essa sia alimentata esclusivamente con motore elettrico la deducibilità del rimborso spese pone problemi di non facile soluzione, Vediamo perché.
L’articolo 51, comma 4, Tuir disciplina l’ipotesi dell’assegnazione al dipendente di un autoveicolo ad uso promiscuo aziendale/personale, prevedendo – ai fini reddituali – il sorgere di un “benefit” quantificato, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente, in misura pari al 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia elabora entro il 30 novembre di ciascun anno e comunica al Ministero delle finanze, il quale provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo.

Fin qui nessun problema, atteso che le tabelle pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale (per il 2019 si tratta di quelle pubblicate il 20 dicembre 2018) prevedono anche i modelli ad alimentazione esclusivamente elettrica. Qualora il dipendente o collaboratore sia, invece, autorizzato ad utilizzare la propria autovettura scatta il meccanismo del rimborso spese, disciplinato dallo stesso articolo 51 per il dipendente e dall’articolo 95, comma 3, per l’impresa. In tal caso, la norma prevede un limite di deducibilità in misura pari «al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diese»”. Tanto è vero che l’Aci, che nel suo sito pubblica le tabelle con i limiti di deducibilità per le spese di trasferta, le prevede solo per le autovetture alimentate a benzina e a gasolio.

L’assenza di qualunque riferimento ai motori esclusivamente elettrici (per i modelli ibridi si ritiene si possa far riferimento al limite valevole per le auto a benzina) ha originato tesi differenti, anche in sede di verifica, per cui presto o tardi si avrà notizia dei primi contenziosi. Sicuramente da scartare è la tesi che conclude con l’integrale indeducibilità: non si vede, infatti, perché dovrebbero essere penalizzate proprio le imprese che hanno dipendenti/collaboratori più “virtuosi” sotto l’aspetto dell’impatto ambientale.

Si potrebbe fare riferimento ai limiti previsti per le auto “non diesel”, ossia ai 17 cavalli fiscali (del resto già da anni ci si sforza di convertire il dato presente nelle carte di circolazione nei “cavalli fiscali” a cui è ancora “inchiodata” la norma), ma si tratta di un limite studiato per le auto a benzina, come emerge con chiarezza dalle tabelle pubblicate dall’Aci.
Dal lato teorico, la tesi più corretta pare essere quella della deducibilità integrale: trattandosi di una limitazione alla deducibilità, se il legislatore nulla ha previsto, ciò significa che non esiste alcun vincolo, forse proprio come incentivo all’utilizzo dei modelli di autovetture meno inquinanti.

Se si volesse, invece, andare per analogia – esercizio sempre rischioso in campo tributario – si potrebbe prudentemente applicare al caso di specie la stessa ratio della disposizione che prevede il limite alla deducibilità, ossia evitare abusi nell’utilizzo di vetture di lusso per le trasferte. Si tratterebbe, quindi, di individuare, nella gamma delle auto elettriche in produzione, un modello “medio”, corrispondente a quello che è il modello individuato come “massimo rimborsabile” per le auto a benzina o diesel.

Verrebbe così considerato costo indeducibile quella parte del rimborso che eccede la tariffa ACI corrispondente a tale modello “medio”, penalizzando l’utilizzo di autovetture di altissima gamma. In attesa che la questione venga, in qualche modo, disciplinata.

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