Spesometro semestrale per il 2017, primo invio entro il 18 settembre
Quando un provvedimento nasce storto è difficile, se non impossibile, riuscire a raddrizzarlo. L’affrettata conversione in legge del decreto 193 dello scorso anno conteneva un errore colossale. Il testo iniziale del provvedimento prevedeva la trasmissione dei dati di tutte le fatture, con la scadenza all’ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre. Quindi i dati di giugno avrebbero dovuto essere trasmessi alla fine di agosto, data non certo indicata alla fine di un mese di sospensione feriale.
La conversione in legge va ben oltre, ma nel segno sbagliato. Concede la trasmissione iniziale per un semestre intero, ma sbaglia in pieno la scadenza, fissandola al 25 luglio, cioè oltre un mese prima del termine bimestrale.
L’emendamento parlamentare presentato nell’iter di conversione del Dl 244, il cosiddetto Milleproroghe, pone rimedio a questa anomalia, stabilendo che la trasmissione telematica dei dati del primo semestre andrà in scadenza al 18 settembre 2017 (il 16, infatti, cade di sabato). Così come l’ulteriore adempimento per l’anno di imposta 2017 sarà la comunicazione relativa al secondo semestre, in scadenza alla fine di febbraio del 2018.
La prima osservazione su questo emendamento riguarda la sua validità solo per il primo periodo di applicazione della trasmissione telematica.
Ma soprattutto con una simile innovazione non si risolve il vero problema di questo oneroso adempimento. Che senso ha, come ci ha confermato la circolare 1/E dell’agenzia delle Entrate, pretendere la trasmissione dei dati della ormai metaforica fatturina da dieci euro per il pranzo di lavoro?
Praticamente tutti i pubblici esercizi italiani sono dotati soltanto del modello polivalente ricevuta fiscale/fattura, che assume quest’ultima connotazione quando il cliente la completa a mano, o con il timbro della ditta (nulla cambia per l’esercente) indicando la ragione sociale del destinatario del servizio.
Non importa – ha detto la circolare – che nessuna di queste fatturine, ma nemmeno quelle di importo superiore, non sia registrata individualmente, ma rimanga compresa nel totale giornaliero dei corrispettivi. Certo la legge è chiara, per le fatture attive basta che siano state emesse, indipendentemente dalla registrazione, che riguarda solo le fatture di acquisto. Ma sempre per tornare ai chiarimenti della circolare è irrilevante il fatto che quelle di importo inferiore a 300 euro siano state registrate riepilogativamente: ogni fattura comporta una comunicazione all’agenzia delle Entrate.
Come era accaduto per il parimenti metaforico caffè bevuto a Lugano, paese allora black list per l’elenco delle operazioni pericolose fiscalmente, occorre che venga fissato un importo minimo al di sotto del quale l’adempimento ha due cose sicure: il suo costo e la sua assoluta inutilità.
Quando avremo il rendiconto con il rapporto costi/benefici? Ovvero, quando sapremo l’entità dell’evasione che è stata intercettata con questo adempimento e che, soprattutto, non lo sarebbe stata in sua assenza?
E visto che parliamo del nuovo spesometro, non dimentichiamo che l’esonero per le operazioni al dettaglio sino a 3mila euro più Iva del 2016 non è stato ancora concesso. Lo scorso anno il provvedimento venne pubblicato quattro giorni prima della scadenza dello spesometro. È di tutta evidenza che nessuno avrebbe potuto recuperare in un lasso di tempo così infinitesimo le fatture emesse nel corso dell’anno e, soprattutto, avrebbe potuto caricarle sull’elenco oggetto di trasmissione telematica.