Split payment, per chi va a credito serve un plafond
Ci risiamo. Sembrerebbe che la nuova moda del Fisco “a misura di bancomat” si chiami
Per la verità, ai “condannati allo split” è assicurata una via prioritaria e più rapida nei rimborsi Iva. Si tratta, però, di una misura di bilanciamento poco bilanciata. Anche nelle più rosee aspettative di istruttorie realmente rapide ed efficienti, in attesa del rimborso permane la necessità di finanziare per svariati mesi il mancato pagamento dell’Iva da parte del committente. Lo Stato si finanzia, così, a tassi più bassi di quelli che i contribuenti sono costretti a riconoscere, a loro volta, ai propri finanziatori sul mercato. Peraltro, spesso, basta un contenzioso con l’Erario a bloccare sine die l’istruttoria del rimborso e a vanificare, nei fatti, l’attuale traballante contromisura legislativa alla iattura dello split.
Ben venga, dunque, l’impegno alla velocizzazione delle istanze di rimborso, di cui si legge in questi giorni, ma si permetta di dubitare del fatto che ciò sia realmente percorribile e, soprattutto, realmente risolutivo. In effetti, sarebbe possibile e anzi doveroso pensare a soluzioni più equilibrate come l’applicazione del reverse charge agli acquisti a monte di soggetti con operazioni attive interessate dallo split payment. Ad oggi, tale impostazione è in attesa di autorizzazione comunitaria per i soli consorzi di lavori pubblici, ma richiederebbe un’adozione generalizzata. Altra soluzione, forse anche più ragionevole, è quella di introdurre un
Si obietterà che tali correttivi richiederebbero una necessaria condivisione in ambito comunitario. Non è un buon argomento per non tentare e, nel frattempo, esporre alla “strozzatura finanziaria” migliaia di imprese, con un effetto boomerang di riduzione della loro capacità di creare ricchezza e, dunque, di generare gettito. Continuando a raschiare nelle tasche dei contribuenti si rischia di svuotarle.