Controlli e liti

Sponsorizzazioni, niente malafede su fatture non emesse dallo sportivo

L’ordinanza 9798/2021 della Cassazione: la fattura emessa da una società non prova la scarsa diligenza di chi la riceve. Illegittima la rettifica dell’Iva detratta

di Laura Ambrosi

Nella sponsorizzazione di eventi sportivi, l’emissione della fattura da parte di una società anziché direttamente dallo sportivo sponsorizzato, non prova mala fede o scarsa diligenza dell’impresa che ha ricevuto le fatture. Non è pertanto legittima la rettifica dell’Iva detratta ritenendo le operazioni soggettivamente inesistenti. A fornire questo interessante principio è la Corte di cassazione con l’ordinanza 9778 depositata il 14 aprile.

L’agenzia delle Entrate, a seguito di una indagine penale che disvelava diffuse fatturazioni per operazioni soggettivamente inesistenti per sponsorizzazioni sportive, rettificava l’Iva detratta da una società che aveva sponsorizzato eventi automobilistici. Si contestava, in particolare, l’emissione delle fatture da parte di una società ritenuta filtro formalmente regolare (ma collegata a società “schermo” operante in totale evasione di imposta) e non dello sportivo che aveva reso effettivamente la prestazione. Si trattava, cioè, di fatture soggettivamente inesistenti a fronte delle quali non vi era stata diligenza da parte dell’azienda che aveva detratto l’Iva, stante il differente soggetto emittente le fatture.

La Ctp confermava l’accertamento, mentre la Ctr accoglieva l’appello della contribuente. In particolare, secondo i giudici di secondo grado, corrisponde a una prassi diffusa nel settore l’affidamento della gestione dello sfruttamento dell’immagine di uno sportivo a una società, diversa dalla persona fisica che rende materialmente la prestazione. Pertanto, dal fatto che l’emittente non si identificasse nello sportivo, non poteva discendere la mancata diligenza dell’azienda che aveva ricevuto le fatture. Peraltro, la società emittente presentava contabilità formalmente regolare e quindi, a maggior ragione, il destinatario della prestazione non poteva sospettare della sussistenza di una frode

La Cassazione ha confermato la decisione della Ctr. Secondo la Corte, la sentenza impugnata si è correttamente attenuta al consolidato orientamento sul riparto dell’onere probatorio in materia di operazioni soggettivamente inesistenti: incombe sull’Agenzia l’onere di dimostrare sia la fittizietà dei fornitori, sia la conoscenza dell’acquirente di tale stato di cose. Nella specie la Ctr ha motivatamente escluso che gli elementi addotti dall’ufficio, in ordine alla emissione delle fatture da parte della società e non direttamente dello sportivo, fossero sufficienti a determinare anche la sola conoscibilità in capo alla contribuente di essere parte di una frode carosello.

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