Start up innovative, il Fisco chiede quote proporzionali
Atti di recupero dell’Agenzia con i controlli formali sul bonus ai soci investitori. In base ai decreti attuativi la detrazione va attribuita solo in base al conferimento
Erano state salutate con ampio consenso le disposizioni finalizzate a creare condizioni e strumenti favorevoli per la nascita e lo sviluppo di start up innovative, che miravano ad introdurre, come precisato nella relazione di accompagnamento al decreto Crescita bis, «per la prima volta nel panorama legislativo italiano, un quadro di riferimento nazionale coerente per le start up».
In tale contesto, l’articolo 29 del Dl 179/2012 (decreto Crescita bis), in materia di incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative, prevedeva, in via generale, prima delle modifiche susseguitesi nel corso degli anni, che ai soggetti Irpef che effettuavano conferimenti in denaro iscritti alla voce del capitale sociale e della riserva da sovrapprezzo delle azioni delle start up innovative, era concesso detrarre dall’imposta lorda un importo pari al 19% (30% a decorrere dall’anno 2017) dei conferimenti effettuati, per l’importo totale non superiore a 500mila euro, in ciascun periodo di imposta (un milione di euro a decorrere dall’anno 2017).
Di recente, qualche ufficio dell’agenzia delle Entrate sta promuovendo azioni di recupero, conseguenti al controllo ex articolo 36-ter del Dpr 600/1973, nei confronti di contribuenti che non sono stati assegnatari di un numero di azioni o quote proporzionale al versamento effettuato.
Tale chiusura non sembra, a parere di chi scrive, conforme al dettato normativo previsto dall’articolo 29 e neppure parrebbe in linea con l’articolo 4, comma 1, dei decreti attuativi dello stesso articolo succedutisi pro-tempore in vigenza dell’agevolazione (Dm 30 gennaio 2014, Dm 25 febbraio 2016, Dm 7 maggio 2019) che espressamente prevede, senza porre ulteriori presupposti che «i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche possono detrarre dall’imposta lorda, un importo pari al 19% dei conferimenti rilevanti effettuati». Analogo concetto viene esplicitato nella relazione illustrativa della legge istitutiva che pure non pone altre condizioni per l’ottenimento della detrazione (in senso concorde la circolare Assonime 11/2013).
I decreti citati in precedenza e la circolare 16/E/2014, emanata proprio a seguito dell’introduzione dell’agevolazione in commento, fanno riferimento alla proporzionalità delle quote di partecipazioni agli utili per la determinazione della detrazione solo nel caso in cui l’investimento sia effettuato da soci di società di persone, in applicazione del principio di tassazione per trasparenza secondo l’articolo 5 del Tuir e da soggetti che hanno aderito al regime della trasparenza in base agli articoli 115 e 116 del Tuir (comma 6 sempre dell’articolo 4 del decreto 25 febbraio 2016).
Diversamente, quindi, per i conferimenti in denaro che danno diritto alla sottoscrizione di quote in start up innovativa, la detrazione andrebbe attribuita semplicemente in base a quanto conferito da ciascun socio (investimento effettuato) prescindendo dalla eventuale non proporzionalità di quote di partecipazione ricevute.
A maggior chiarimento di quanto appena esposto si fornisce un esempio numerico. Supponiamo che la start up innovativa sia costituita da tre soci persone fisiche e che A conferisca 10mila euro, B conferisca 20mila euro e C conferisca 70mila euro. In conseguenza di particolari accordi tra i soci però il capitale sociale, che ammonta a complessivi 100mila euro, viene suddiviso equamente tra i tre soci. A ciascun socio quindi viene attribuita una partecipazione sociale pari al 33,33 per cento. Nel caso esposto, la detrazione spetterebbe, a nostro avviso, in base a quanto effettivamente conferito in denaro (somma investita) da ogni socio, a prescindere dalle quote di partecipazioni attribuitegli rispetto al totale. E quindi la detrazione spettante andrebbe calcolata in percentuale (19% o 30% a decorrere dall’anno 2017) sulle rispettive somme investite che sono: 10mila euro per il socio A, 20mila euro per il socio B e 70mila euro per il socio C.
L’esempio proposta, salvo che da un punto di vista formale, per nulla differisce nella sostanza dal conferimento di denaro con sovrapprezzo e successiva conversione del sovrapprezzo in capitale sociale ed è assodato che in quest’ultimo caso l’agevolazione vada calcolata sull’importo del conferimento effettuato prescindendo dalle quote sociali o azioni ricevute dall’investitore.