Imposte

Stock options ai dipendenti, per la tassazione rileva il momento in cui si esercita l’opzione

L’ordinanza 21788/2020 della Cassazione: non è determinante il momento in cui l’opzione è stata offerta

di Roberto Bianchi

Nell’ambito della determinazione del reddito di lavoro dipendente, il regime di tassazione applicabile “ratione temporis” alle cosiddette stock options deve essere identificato in quello vigente al momento dell’esercizio del diritto di opzione da parte del dipendente, a prescindere dal momento in cui l’opzione sia stata offerta, considerato che l’operazione a cui consegue la tassazione non deve essere identificata nell’attribuzione gratuita del diritto di opzione, che non è soggetta a imposizione tributaria, ma nell’effettivo esercizio di tale diritto attraverso l’acquisizione delle azioni, che costituisce il presupposto dell’imposizione commisurata proprio sul prezzo delle stesse e che è rimesso alla libera scelta del beneficiato.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l’ordinanza 21788/2020.

Gli interventi normativi afferiscono all’assetto normativo così come risultante dalla riforma introdotta con il Dlgs 505/1999 e, segnatamente, il regime di cui al comma 2, lettera g-bis) dell’articolo 51 del Tuir a fronte del quale il “fringe benefit azionario” veniva detassato, a condizione che il prezzo corrisposto dal dipendente risultasse almeno pari al valore dei titoli all’atto dell’offerta e nella misura in cui l’investimento del dipendente non eccedesse il 10% dei diritti di voto ovvero del capitale/patrimonio dell’emittente.Tale disciplina, abrogata dal comma 25, articolo 36 del Dl 223/2006, è stata ripristinata durante l’iter di conversione del decreto che ha reintrodotto l’agevolazione, subordinandola tuttavia a un vincolo quinquennale di incedibilità delle azioni e a un limite quantitativo parametrato alla “retribuzione lorda annua” percepita nel precedente periodo di imposta. La volontà del legislatore ha pertanto avallato l’impostazione imperniata sul criterio di “cassa” che disciplina l’imputazione al periodo di imposta della categoria reddituale oggetto della riforma.

Successivamente, la materia è stata nuovamente modificata attraverso il comma 12 dell'articolo 3 del Dl 262/2006 che, riformulando il comma 25 dell'articolo 36 del Dl 223/2006, ha espresso i nuovi presupposti per l’agevolazione, da abbinare alle originarie condizioni disposte dal comma 2, lettera g-bis), articolo 51 del Tuir (norma in seguito abrogata dal comma 23, articolo 82, Dl 112/2008).Nel dettaglio, oltre alla circostanza che il prezzo pagato dal dipendente risultasse almeno pari al valore dei titoli all’atto dell’offerta e che l’acquisto complessivo rientrasse in un limitato tetto massimo di investimento, l’applicabilità del regime “di favore” è stata subordinata all’esercizio dell’opzione decorsi almeno tre anni dalla sua attribuzione, alla quotazione dei titoli in mercati regolamentati e alla conservazione quinquennale di una parte dell’investimento non inferiore alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente (articolo 51, comma 2 bis del Tuir).

L’interpretazione adottata valorizza una sorta di criterio di competenza, identificando il regime da applicare in base al quadro vigente al tempo dell’attribuzione, attraverso l’esercizio del diritto di opzione, del diritto alla percezione del componente reddituale.Siffatto criterio sembra essere riferito, in termini sistematici, alle previsioni di cui all’articolo 3 della legge 212/2000. Sulla base di questo insieme di considerazioni l’applicabilità, nel caso di specie, della disciplina in essere al momento di esercizio del diritto di opzione pare rappresentare una corretta soluzione interpretativa.Una delle peculiarità delle stock option, infatti, è quella di dar origine a una sorta di fattispecie impositiva a formazione progressiva, nel senso che i diversi momenti in cui si declina normalmente un piano sono idonei ad assumere rilevanza ai fini della modulazione del prelievo.

Sotto un profilo di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, si pone l’esigenza di salvaguardare le aspettative di tassazione basate sul regime in vigore al momento dell’attribuzione del diritto alla percezione, segnatamente laddove sopravvengano evoluzioni normative che modifichino sostanzialmente le regole del gioco allorché i beneficiari si trovino a incassare il fringe benefit. Da questa impostazione la dottrina (Assonime circolare 23/2007) e la prassi (circolare 1/E/2007) hanno fatto scaturire la volontà di rendere integralmente applicabile il regime da ultimo introdotto, agli esercizi di opzioni posti in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore del Dl 262/2006.I principi generali, di conseguenza, devono essere applicati al caso concreto in maniera tale da non prescindere dalla ricerca delle reali intenzioni sottostanti alla mutazione della disciplina.


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