Stop all’imposta sui giochi retroattiva
Stop della Corte costituzionale all’applicazione retroattiva delle imposte sui giochi. Anche se resta pienamente legittimo tassare i titolari di centri scommesse collegati a società non autorizzate in Italia, più noti come «Ctd», che gestiscono con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi situati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere.
Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza 23 gennaio 2018 n. 27 (redattore Giuliano Amato) stabilendo l’illegittimità parziale della norma introdotta con la legge di Stabilità per il 2011, nella parte in cui obbliga al versamento delle imposte sulle scommesse anteriori al 2011 i Ctd che operano in Italia privi di regolare concessione. La questione di legittimità era stata sollevata dalla Ctp di Rieti, con 4 ordinanze del 2015 sui Centri di trasmissione collegati all’operatore Stanleybet.
La norma contestata prevede il pagamento dell'imposta «anche ai rapporti negoziali perfezionati prima della sua entrata in vigore», una previsione che secondo la Consulta viola i principi costituzionali di equa tassazione. Per i periodi precedenti leggi di Stabilità «non può aver luogo la traslazione dell’imposta, giacché l’entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge». Solo dal 2011 in poi il maggior carico fiscale può essere contrattato tra bookmaker e titolare del centro. In questo senso, dunque, per la Corte costituzionale «non è ravvisabile alcuna irragionevolezza nell’assoggettamento ad imposta del ricevitore operante per bookmaker sfornito di concessione», mettendo sullo stesso piano il ricevitore e il bookmaker concessionario. Il titolare della ricevitoria svolge una attività di «gestione» attraverso la propria organizzazione imprenditoriale e l’attività di gestione può essere tassata anche senza partecipare «direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa».
La richiesta di pagamento dell’imposta unica risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco che mette tutti gli operatori , con o senza concessione, sullo stesso piano davanti al Fisco.
Una sentenza accolta con favore dai Monopoli che potranno portare a buon fine gli accertamenti effettuati in questi anni, anche perché la Cassazione chiamata ancora a pronunciarsi sulla definizione giuridica dei Ctd non potrà che uniforma alla Consulta. Con un effetto collaterale non di poco conto: ai soggetti accertati con pendenze fiscali sono precluse le gare per l’assegnazione delle concessioni di giochi.
Corte costituzionale, sentenza 27/2018