Stop alla confisca retroattiva se più gravosa
È in contrasto con la Costituzione la legge comunitaria del 2004, che ha depenalizzato l’ insider trading “secondario”, prevedendo l’applicazione della confisca per equivalente retroattiva. La Consulta (sentenza 223) boccia la norma Ue escludendo che si possa dare per scontato che le nuove sanzioni amministrative siano di maggior favore rispetto al trattamento pre-depenalizzazione, che ha lasciato in piedi il reato solo per gli insider “primari”. Il giudice delle leggi, invita a non sottovalutare l’impatto della sanzione amministrativa sui diritti fondamentali della persona, che è anzi «andato crescendo nella legislazione più recente». Ad esempio con il giro di vite messo in atto con il Dlgs 107/2018 che ha modificato il regime del market abuse. Una norma dalla elevatissima carica afflittiva: dalle sanzioni fino a 5 milioni di euro, alle misure interdittive che limitano fortemente il diritto al lavoro, fino alla pubblicazione delle sanzioni sui siti di Bankitalia e Consob. Sgombrato il campo da presunzioni di maggior favore, la Consulta chiarisce che bisogna lasciare spazio alla possibilità di dimostrare, caso per caso, che il nuovo trattamento sanzionatorio amministrativo sia di fatto più gravoso del precedente. Con conseguente illegittimità costituzionale della disposizione transitoria che preveda l’inevitabile applicazione della confisca per equivalente (articolo 187-sexies del Dlgs 58/1998) anche ai fatti pregressi e anche quando il trattamento sia in concreto meno favorevole di quello precedente.
Come avvenuto nel caso esaminato dalla Cassazione, giudice remittente, relativo ad alcuni insider secondari - oggi sanzionati con “pene” pecuniarie fino a 3 milioni di euro - nei confronti dei quali la Corte d’Appello aveva confermato la legittimità dell’applicazione, da parte della Consob, delle sanzioni pecuniarie, interdittive e della confisca per equivalente. I fatti, relativi all’abuso di informazioni privilegiate erano stati commessi, quando la condotta era ancora reato. La Consulta attira l’attenzione sulla sorte dell’ insider primario che aveva rivelato informazioni privilegiate ai ricorrenti e che è stato alla fine “punito” con una multa di mille euro beneficiando anche dell’indulto previsto dalla legge 241/2006. Il caso dimostra che la comparazione tra i due regimi non solo è possibile ma doverosa, per evitare l’applicazione retroattiva di una disciplina punitiva.