Stop alla costituzione per via telematica se il ricorso è cartaceo
Se il contribuente in primo grado si costituisce con la modalità cartacea, tale scelta vincola anche l’ufficio, il quale non potrà optare per la costituzione telematica a pena dell’inammissibilità degli atti depositati. Questo il principio affermato con la sentenza 11456/7/2018 della Ctp di Roma (presidente Luberti, relatore Antoniani), depositata lo scorso 4 giugno.
La vicenda trae origine dall’impugnazione da parte di una società di un avviso di accertamento con il quale l’ufficio contestava l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, con conseguente indetraibilità dell’Iva in essa contenuta. In sintesi si riteneva il fornitore della merce una mera cartiera, la quale fungeva da soggetto interposto rispetto al reale venditore dei beni.
La contribuente proponeva quindi ricorso, utilizzando la modalità cartacea sia per la notifica che per la successiva costituzione in Ctp.
L’ufficio interveniva in giudizio, depositando le proprie controdeduzioni e i relativi allegati in via telematica.
I giudici, di propria iniziativa, cioè senza nemmeno la presenza di una specifica eccezione in tal senso da parte della ricorrente, hanno preliminarmente ritenuto inammissibile tale costituzione, in quanto non sarebbe stata resa accessibile al collegio a causa dell’introduzione in forma cartacea del procedimento.
Infatti, pur se tale costituzione era pervenuta in segreteria, il sistema telematico non l’aveva collegata ad alcun fascicolo: accedendo al Sigit, né il contribuente né i giudici potevano quindi trovare o conoscere la memoria di costituzione della resistente e l’eventuale documentazione prodotta.
La normativa sul processo telematico, precisa il collegio, appare chiara nello stabilire che:
• da un lato (articolo 10, comma 1) che il ricorrente, nell’ipotesi di notifica via Pec, debba costituirsi in giudizio telematicamente attraverso il Sigit;
• dall’altro (articolo 10, comma 3) che la parte resistente si deve costituire con le stesse modalità, richiamando espressamente il comma di riferimento per il deposito da parte del ricorrente.
In sintesi, secondo la Ctp di Roma, occorre «chiarire una volta per tutte» che l’ufficio non ha possibilità di autonoma decisione, essendo le modalità che devono essere utilizzate inevitabilmente collegate a quelle scelte dal contribuente per la notifica del ricorso introduttivo e della successiva iscrizione a ruolo. Di conseguenza, concludono i giudici, l’inammissibilità delle controdeduzioni dell’ufficio non preclude l’esame del merito della controversia, la quale continua come se l’Agenzia fosse semplicemente contumace.
La pronuncia del collegio romano si inserisce in un filone sempre più consistente (pur non mancando sentenze contrarie) e risulta particolarmente significativa in quanto nel collegio era presente anche il presidente della stessa Ctp: tale circostanza può essere interpretata come un indirizzo che potrebbe essere seguito quantomeno dall’intera commissione in questione, dal momento che il tenore della motivazione sembra dettare principi generali per fare espressamente definitiva chiarezza sulla questione.