Stop al perequativo, autotutela se la partita Iva è stata chiusa dopo il 26 maggio 2021
Il rigetto delle domande apre la strada a un’istanza di revisione o, in caso di nulla di fatto, a un ricorso
La finestra temporale per la richiesta del contributo perequativo si è conclusa il 28 dicembre 2021, ma già nei giorni successivi sono emerse talune rilevanti criticità.
Tra queste, si segnala che molti contribuenti si sono visti rigettare la domanda di contributo pur avendo cessato la partita Iva dopo il 26 maggio 2021, in contrasto con quanto previsto dalla normativa di riferimento.
Il quadro di riferimento
L’articolo 1, commi 16-27, del Dl 73/2021 (Sostegni-bis) ha introdotto, con finalità perequative, un contributo a fondo perduto dell’importo massimo di 150.000 euro a favore degli operatori economici che hanno registrato una riduzione del risultato economico dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Il contributo perequativo è riconosciuto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, arte e professione o che producono reddito agrario, titolari di partita Iva e residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che nel secondo periodo di imposta antecedente al periodo di entrata in vigore del decreto (quindi nell’anno 2019 per i “solari”) abbiano conseguito un ammontare di ricavi o di compensi non superiore a 10 milioni di euro.
Come stabilito dal decreto attuativo (decreto 12 novembre 2021) il peggioramento del risultato economico dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 deve essere almeno pari al 30%.
Il contributo non spetta, tra l’altro, ai soggetti «la cui partita Iva risulti non attiva alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge», quindi alla data del 26 maggio 2021. Ciò vuol dire che la chiusura della partita Iva dopo il 26 maggio 2021 non dovrebbe comportare l’esclusione dal contributo.
La problematiche e soluzioni
A quanto consta, molti contribuenti si sono visti rigettare la domanda di contributo perequativo pur avendo chiuso la partita Iva dopo il 26 maggio 2021.
Sembra quindi che l’agenzia delle Entrate intenda erogare il contributo alle sole attività ancora operative alla data di presentazione della domanda. Ciò tuttavia sembra in contrasto con quanto previsto dalla normativa di riferimento che, come visto, indica il 26 maggio 2021 come data per la verifica della esistenza della partita Iva del contribuente.
Allo stato l’agenzia delle Entrate non ha preso posizione su questa questione, pertanto non è dato sapere se si tratta di un semplice errore della procedura telematica oppure se il diniego è conseguenza di una specifica interpretazione della normativa sostenuta dall’Agenzia.
Allora, salvo nuovi chiarimenti, le strade disponibili per il contribuente sono due.
In primo luogo, è possibile (oltre che consigliato) presentare in tempi brevi un’istanza amministrativa indirizzata all’agenzia delle Entrate, con la quale si chiede la revisione del provvedimento di rigetto della richiesta di contributo. Ciò, sulla scorta di quanto era stato previsto con la Risoluzione 65/E/2020 in relazione ad analoghe problematiche sorte con riferimento al contributo a fondo perduto «Rilancio».
Qualora l’Agenzia non fornisca riscontro all’istanza, oppure confermi in maniera espressa la propria posizione, è possibile impugnare il provvedimento di diniego del contributo avanti l’autorità giurisdizionale. Sul punto, però, esistono alcuni dubbi sul giudice cui è necessario rivolgersi. Secondo alcuni questo genere di controversie appartiene al giudice ordinario (in questo senso anche la Ctp di Milano, sentenza n. 4176/3/2021), ma non manca chi propende per le Commissioni tributarie, soprattutto in considerazione del fatto che il contributo viene erogato ed eventualmente recuperato dall’agenzia delle Entrate.