Stop alla riqualificazione dell’immobile di lusso con le superfici esterne
L’immobile acquistato con i requisiti di prima casa non può essere qualificabile come di lusso se di fatto la sua superficie utile è inferiore ai 240 metri quadrati. Pertanto va annullato l’avviso di liquidazione concernente il recupero di maggiore Iva, della maggiori imposte di registro e ipo-catastali, nonché l’avviso di recupero di imposta sostitutiva su operazioni di credito a medio/lungo termine, se l’ufficio erroneamente considera anche le parti comuni che inevitabilmente aumentano la metratura di riferimento. È quanto emerge dalla sentenza 2287/1/2018 della Ctr Lombardia ( clicca qui per consultarla ).
La decisione
È corretta la tesi del contribuente, secondo cui occorre fare riferimento alle abitazioni di lusso in base all’articolo 6 del Dm 2 agosto 1969, trattandosi di immobile acquistato prima del 1° gennaio 2014, e non alle categorie catastali all’articolo 33 del Dlgs 175 del 2014. Inoltre il Dm 2 agosto 1969 dispone che sono qualificabili come di lusso le abitazioni aventi superficie utile complessiva superiore ai 240 metri quadrati. È tale quella superficie concernente gli ambienti potenzialmente utilizzabili di esclusiva disponibilità del proprietario, a prescindere della loro effettiva abitabilità. Per contro, è errata la tesi erariale che ha utilizzato nella misurazione della superficie il sistema della «poligazione esterna», che ha considerato nel calcolo le parti comuni, vale a dire murature e pilastri portanti di proprietà condominiale, murature di confine con proprietà di terzi. Si tratta di elementi che non aumentano la utilizzabilità degli spazi. In altri termini, il parametro fiscale di superficie utile complessiva è strettamente legato alla proprietà esclusiva.
La vicenda
Nel caso esaminato, un contribuente acquista, nel 2013, un immobile prima casa, categoria A/1, rendita di oltre 4mila euro, avente superficie lorda di 293 metri quadri e superficie utile di 226 metri quadri, e paga le imposte di registro e ipo-catastali in misura agevolata, così come l’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine. L’Amministrazione, sulla scorta di parere tecnico rilasciato dall’ufficio provinciale del Territorio, settore servizi tecnici, rileva che dalla planimetria la superficie risulta essere superiore ai 240 metri quadrati e pertanto emette avvisi attraverso cui ricupera maggiore Iva, maggiori imposte di registro e ipo-catastali per oltre 921mila euro e maggiore imposta sostitutiva per oltre 69mila euro. Ma secondo il contribuente ricorrente in Ctp l’Amministrazione ha incluso anche le parti comuni quali murature portanti, pilastri, cavedi tecnologici, eccetera. La Ctp accoglie ricorso ma la sentenza è appellata dall’Amministrazione.