Controlli e liti

Stralcio delle cartelle non per tutti: limite di reddito a 30mila euro

Il Governo approva il decreto Sostegni. Addio ai vecchi ruoli 2000-2010: cancellati 16 milioni di atti invece di 61.<span class="argomento"/>Riforma riscossione, stop in automatico a pagamenti inesigibili

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di Marco Mobili e Gianni Trovati

Sono servite quasi tre ore di confronto in una riunione preliminare al consiglio dei ministri per sminare il primo, forte scontro interno alla maggioranza che sostiene il governo Draghi.

Il tema del contendere, il «condono» delle vecchie cartelle esattoriali, poteva essere esplosivo. Alla fine il compromesso fra le spinte di Lega, Fi ed M5S ad allargare le maglie dello stralcio e l’opposizione di Pd e Leu fissa due limiti al falò degli atti della riscossione. Scompariranno solo le cartelle dal 2000 al 2010 compreso, e non al 2015 come nelle ipotesi precedenti, e solo nel caso in cui i debitori abbiano un reddito 2019 fino a 30mila euro. Questo comporta che a scomparire dal magazzino della ex Equitalia saranno 16 milioni di ruoli, e non 61 milioni. Fuori dal raggio d’azione dello stralcio restano le multe stradali, i pagamenti di danni erariali e i debiti per il recupero di aiuti di Stato.

Nell’accordo entra poi anche una riforma a regime per i vecchi crediti, con l’obiettivo di cancellarli in via automatica dal momento in cui, passati cinque anni dall’affidamento all’agente della riscossione, potranno essere etichettati come «inesigibili» se non sono state avviate procedure esecutive o non sono stati imbarcati in definizioni agevolate. Entro la conversione del decreto, il ministro dell’Economia Daniele Franco dovrà presentare al Parlamento una relazione con i criteri guida della riforma.

L’addio ai vecchi debiti ha concentrato le polemiche della vigilia, ma non è stato l’unico aspetto travagliato all’interno del capitolo della riscossione. Che contempla anche un nuovo stop fino al 30 aprile alle notifiche delle nuove cartelle, in un’attività ormai soggetta a una sorta di singhiozzo emergenziale.

Il Fisco già dal 1° marzo aveva infatti rimesso in moto la macchina. Anche se a basso regime, gli uffici in questi ultimi 20 giorni hanno ripreso a consegnare a imprese e cittadini in debito con il Fisco e con l’Inps sia le cartelle sospese dall’8 marzo del 2020, sia quelle nuove emesse proprio dal 1° marzo. Si profila una roulette delle cartelle, con alcuni contribuenti che si sono visti recapitare la pretesa del Fisco e altri che invece, senza magari saperlo, se la vedono differita a dopo aprile o forse ancora più in là visto che difficilmente lo stato di emergenza terminerà alla fine del mese prossimo. Chi ha avuto la sfortuna di ricevere in questi giorni la busta verde del Fisco si trova nella triste condizione di non potersi far restituire i soldi che ha pagato come interessi, sanzioni e somme aggiuntive. Anche se la sua situazione è del tutto analoga alla maggioranza dei contribuenti, che invece non avendo ricevuto nulla nel periodo finestra potranno aspettare fino a due anni per saldare il conto. Il decreto infatti blinda anche le pretese erariali notificate in questi ultimi 20 giorni prevedendo che sono «fatti salvi gli effetti prodottosi e i rapporti giuridici instauratisi» sulla base degli atti notificati dal 1° marzo scorso e fino alla data di entrata in vigore del decreto (presumibilmente il 22 o 23 marzo). Attenzione, restano allo Stato anche le somme già versate come sanzioni e di interessi di mora.

Il nuovo stop fino ad aprile e l’idea di riprendere a regime ridotto (nel 2021 agenzia Entrate Riscossione dovrebbe notificare solo il 56% delle cartelle emesse) diluendo l’invio degli atti nell’arco di due anni, obbliga lo Stato a impegnare nel 2021 1,3 miliardi che, come si legge nella bozza della relazione tecnica, almeno in gran parte (oltre 800 milioni) saranno comunque recuperati nel 2022.

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