Controlli e liti

Studio associato in casa: i coniugi non pagano l’Irap

Per la Ctr Lombardia rileva l’assenza di un apparato tecnico e di supporti e l’attività svolta presso la dimora

di Alessandro Borgoglio

Non sconta l’Irap lo studio associato formato dai coniugi, con esercizio dell’attività presso i locali della loro abitazione, in assenza di un apparato tecnico e di supporti personali e logistici aggiuntivi. Lo ha stabilito la Ctr della Lombardia, con la sentenza 701/03/21 (presidente Rollero, relatore Chiametti).

Per la Corte costituzionale, se l’elemento organizzativo - presupposto impositivo dell’Irap - è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui (sentenza 156/2001). Da qui la necessità di vagliare, volta per volta nel caso dei professionisti, se sussista la suddetta autonoma organizzazione e, quindi, l’assoggettamento a imposta.

Per una simile valutazione, qualche punto fermo è stato fissato nel tempo dalle Sezioni unite, per cui il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:

sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione;

impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (sentenza 9451/2016).

Nel caso in esame, in linea con la decisione di primo grado, per i giudici non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione perché i professionisti dello studio associato sono due coniugi che prestano consulenze presso la propria abitazione, non avvalendosi di strumentazione tecnica e non avendo alcun collaboratore alle dipendenze, neppure per attività di segreteria: non vi è, quindi, alcuna organizzazione di capitale né di lavoro altrui.

La Cassazione, però, sembra orientata verso un’altra direzione: secondo la giurisprudenza di legittimità l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce per legge presupposto dell’Irap, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività, e spetta al contribuente provare l’insussistenza dello svolgimento della professione in forma associata ovvero l’insussistenza della fruizione di benefici organizzativi recati dall’associazione professionale (Cassazione 20715/2020 e 6355/2020).

Addirittura, in presenza di uno studio associato, è irrilevante che quest’ultimo sia stato costituito al fine di facilitare l’inserimento del figlio dell’originario titolare nell’attività professionale, posto che l’esercizio della professione in forma associata costituisce per legge presupposto dell’Irap (Cassazione 21328/2016). Quest’ultimo, peraltro, ricorre anche quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze o della possibilità di essere sostituiti nell’espletamento di alcune prestazioni, frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (Cassazione 11078/2018).

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