Controlli e liti

Sui crediti fiscali decide la Ctp

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

È il giudice tributario competente a decidere sulla prescrizione dei crediti tributari eccepita dal curatore in sede di ammissione al passivo e successivamente alla notifica della cartella di pagamento, in sede fallimentare, può solo prevedersi un’ammissione con riserva del credito in questione. A fornire questo importante principio sono le Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 14648 depositata ieri.

La pronuncia dell’alto consesso trae origine dall’esclusione dallo stato del passivo, di vari crediti vantati dall’agente della riscossione nei confronti di alcuni soggetti successivamente falliti. Equitalia si opponeva a tale decisione.

Il curatore del fallimento nell’occasione rilevava la prescrizione del credito tributario vantato perché la notifica delle cartelle ovvero delle intimazioni era avvenuta anni prima e nessuna azione era stata più attivata dall’agente.

Il Tribunale ha accolto la tesi del fallimento, confermando così l’intervenuta prescrizione dei crediti erariali da calcolarsi in cinque anni e non in dieci.

L’agente della riscossione proponeva allora ricorso per Cassazione eccependo, innanzitutto, che spetta al giudice tributario, fornito di giurisdizione sull’obbligazione tributaria, pronunciarsi sull’eventuale prescrizione quale fatto estintivo dell’obbligazione stessa.

Nel ricorso, inoltre, veniva evidenziato che per le cartelle non impugnate non valeva il termine prescrizionale breve bensì quello decennale.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno innanzitutto rilevato che il giudice tributario è competente per tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, estendendosi ad ogni questione relativa all’an e/o al quantum del tributo.

Ne consegue così che l’eccezione di prescrizione, trattandosi di un fatto che comporta l’estinzione dell’obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che abbia competenza in merito alla predetta obbligazione.

Nella specie, secondo il Fallimento dovevano ritenersi “automaticamente” inclusi nella giurisdizione del giudice delegato, in sede di verifica dei crediti o del tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva, le controversie riguardanti i fatti estintivi dell’obbligazione tributaria sopravvenuti alla formazione del titolo.

Una simile interpretazione, però, rilevano i giudici di legittimità, tende a subordinare totalmente il profilo della giurisdizione sulla cognizione, alla disciplina concorsuale, trascurando peraltro, che la norma consente, ove ne ricorrano i presupposti, l’ammissione con riserva.

Il giudice fallimentare decidendo sull’eccezione di tardività dei titoli notificati al contribuente, ha di fatto “debordato” dai limiti della giurisdizione propria, poiché spettava al giudice tributario decidere sul punto.

Sulla formazione dello stato passivo, l’apposizione di una condizione per l’ammissione del credito costituisce un potere officioso del giudice di merito, il quale pertanto, accogliendo una domanda di insinuazione, può sia apporvi una condizione eventualmente prevista dalla legge e risultante dagli atti, sia rettificare l’indizione della circostanza condizionante erroneamente prospettata.

È stato così affermato il principio di diritto secondo cui ove in sede di ammissione al passivo sia eccepita dal curatore la prescrizione dei crediti tributari successivamente alla notifica della cartella di pagamento, la giurisdizione sulla controversia spetta al giudice tributario, da ciò conseguendo in sede fallimentare l’ammissione con riserva del credito in oggetto.

In tale contesto va peraltro segnalato che le Sezioni Unite, recentemente (sentenza 23397/2016) hanno affermato che solo il diritto di credito contenuto in una sentenza passata in giudicato si prescrive in dieci anni, mentre la mancata impugnazione di un qualunque atto impositivo non comporta l’allungamento del termine prescrizionale fissato in cinque anni. Tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione mediante ruolo o di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti erariali, nonché per le sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

La sentenza n.14648/17 delle Sezioni Unite della Cassazione

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©