Sui danni delle società in house non decide la Corte dei conti
Una
L’ordinanza ricostruisce il complesso caso Fse soffermandosi a lungo sull’evoluzione della normativa europea e nazionale sul settore ferroviario. Ma fa considerazioni che potrebbero essere estese ad altri servizi pubblici locali, se non altro perché le norme Ue hanno analogo spirito in molti altri campi. Senza contare il richiamo della sentenza alle «numerose occasioni» in cui le Sezioni unite hanno sottolineato che la «mala gestio» da parte degli organi sociali «di norma non integra il danno erariale, in quanto si risolve in un vulnus gravante in via diretta esclusivamente sul patrimonio della società». Il soggetto pubblico controllante ha solo il danno d’immagine.
Questo principio generale è stato derogato in alcuni casi particolari dalla giurisprudenza e dalla normativa. Quest’ultima viene passata in rassegna dalle Sezioni unite per dimostrare che il caso in questione non vi rientra. E non conta il fatto che vi siano stati cospicui contributi pubblici, anche a fondo perduto: secondo le Sezioni unite, la fisionomia dell’impresa ferroviaria, nel diritto Ue, è contrassegnata in modo «univoco e costante» da «indipendenza gestionale» e «apertura al libero mercato e dall’adozione del modello privatistico».
Né conta che la società sia stato posto sotto commissariamento, che per le Sezioni unite non è «incompatibile con la configurazione societaria», perché è previsto anche in caso di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Inoltre, ora Fse è nel gruppo Fs, su cui le Sezioni unite avevano già escluso la competenza della Corte dei conti.
L’ordinanza n.11983/17 della Cassazione