I temi di NT+Modulo 24

Superbonus e contabilizzazione, la detrazione non è imponibile

Sugli aspetti contabili e le conseguenze fiscali in capo alle imprese restano molti elementi da approfondire

di Giorgio Gavelli

Dall’esame dei documenti di prassi sul superbonus 110% (non solo le circolari ma anche le numerose risposte ad interpello), nonché dei contributi interpretativi apparsi sulla stampa specializzata, emerge chiaramente come sino ad ora l’attenzione si sia concentrata principalmente su aspetti riguardanti l’ammissibilità degli interventi in progetto, i limiti di spesa, la procedura per effettuare validamente la cessione del credito e lo “sconto in fattura” e così via.

Minore impegno è stato dedicato ad altri aspetti, quale quello contabile-bilancistico e quello delle conseguenze fiscali in capo alle imprese, che tuttavia appaiono di tutto rilievo, se solo si pensa che in questi mesi le assemblee delle società di capitali hanno approvato i bilanci 2020, primo esercizio in cui possono comparire le voci di costo e di ricavo legate agli interventi meritevoli del 110%.

Nel proseguo tralasceremo gli aspetti finanziari e giuridici della gestione di questo beneficio tributario, per concentrarci su quelli contabili e fiscali.

La contabilizzazione dei bonus fiscali
L’unico documento ufficiale su cui è possibile fare alcune considerazioni è la bozza del documento Oic intitolato «Comunicazione sulle modalità di contabilizzazione dei bonus fiscali», in consultazione fino allo scorso mese di febbraio e reso definitivo a fine luglio.

Prima di tale documento, nella pluralità di posizioni dottrinali su come rilevare contabilmente i bonus edilizi, emergeva quella che attribuiva rilievo alla natura di “detrazione” del beneficio in argomento, in quanto tale destinata a ridurre la voce “imposte” del conto economico.

Le differenze di impostazione riguardavano principalmente la tempistica di iscrizione del vantaggio fiscale: si sosteneva una contabilizzazione “implicita” pro quota nei vari anni di ripartizione previsti dalla disciplina tributaria dei singoli bonus, oppure una contabilizzazione unica nel primo periodo in contrapposizione ad un credito verso l’erario per le quote restanti, ovvero ancora il ricorso alle “imposte anticipate” (non perfettamente in linea però con il principio Oic 25) per sottolineare come l’utilizzo delle quote negli anni d’imposta successiva più che “un credito” rappresentasse “una aspettativa”.

In proposito la stessa Direzione Regionale delle Entrate del Piemonte (risposta ad interpello prot. 901-445/2020) aveva affermato che “la detrazione non rappresenta né un contributo né un credito d’imposta”, concludendo che tale importo “non può concorrere alla formazione della base imponibile”.

Su questo aspetto, infatti, non si registrano differenze tra le varie posizioni: non solo la detrazione (in quanto tale) non può originare materia imponibile, ma, laddove la spesa venga sostenuta da una impresa, essa non può influire sulla deducibilità della stessa, come costo di esercizio o (più frequentemente) come quota di ammortamento di un costo ad utilità pluriennale.

Le novità del 2020
Nel corso del 2020 si sono avute due novità che hanno notevolmente accresciuto l’interesse per questi argomenti:

da un lato la risoluzione 34/2020 con cui l’Agenzia delle Entrate (sulla scorta dei principi più volte affermati dalla Corte di Cassazione e dall’Avvocatura dello Stato) ha (finalmente) riconosciuto che le agevolazioni “ecobonus” e “sismabonus” (a cui aggiungiamo il “bonus facciate”) spettano ai titolari di reddito d’impresa che effettuano gli interventi su immobili da essi posseduti o detenuti, a prescindere dalla qualificazione di detti immobili come “strumentali”, “beni merce” o “patrimoniali”;

dall’altro la disciplina del Superbonus (articoli 119 e 121 del Decreto Rilancio), il quale, sebbene si applichi in casi molto limitati direttamente a favore delle imprese, vede queste ultime direttamente (ancorchè facoltativamente) interessate come “intermediari” - quando il contribuente intende cedere il credito emergente dalla detrazione d’imposta - ovvero in veste di “fornitori-finanziatori” quando il contribuente opta per lo “sconto in fattura”.

L’importanza del documento Oic sopra citata è accresciuta, se così si può dire, dal fatto che essa è stata emanata, come emerge dalle premesse, a seguito di una richiesta di parere da parte della Agenzia delle Entrate avente ad oggetto “le modalità di contabilizzazione per le imprese Oic del cd. Superbonus e altre detrazioni fiscali maturate a fronte di interventi edilizi”.

Il documento Oic
Va subito sottolineato come tale documento Oic abbia suscitato qualche perplessità nei commentatori. Vediamo perché.

Esso si propone di indicare il comportamento contabile in tutte queste differenti situazioni:

impresa committente dei lavori agevolabili che mantiene presso di sé la detrazione;

impresa che riconosce all’impresa committente il cosiddetto “sconto in fattura”;

impresa che acquista il credito ceduto dall’impresa committente che monetizza in tal modo la detrazione.

Il documento Oic prende le mosse dall’assimilazione della detrazione ad un contributo in conto impianti in quanto, sinteticamente:
a) riconosciuta da un soggetto pubblico (lo Stato);
b) è finalizzata ad uno specifico investimento;
c) è commisurata alla spesa sostenuta per tale investimento.

Ne consegue, per l’impresa committente, una contabilizzazione basata sui paragrafi 87 e 88 del principio contabile Oic 16, vale a dire iscrivendo:

da un lato il credito tributario, che, trattandosi di un credito con scadenza – almeno in parte - oltre i 12 mesi, innesca per i bilanci ordinari il tema della valutazione secondo il criterio del “costo ammortizzato”;

dall’altro la riduzione dell’investimento sostenuto (metodo diretto) o un risconto passivo, da rilasciare a conto economico lungo il periodo di ammortamento dell’immobilizzazione materiale iscritta (metodo indiretto).

Le osservazioni sul documento
Almeno quattro osservazioni nascono spontanee.

La prima è che la detrazione viene contabilizzata come credito anche quando l’impresa non ha alcuna intenzione di cederla ma di utilizzarla direttamente in dichiarazione, diversamente da quanto sino ad oggi ritenuto in prevalenza. Ne consegue, ad ogni chiusura di esercizio, la rilevazione per competenza della quota di proventi finanziari a cui seguirà, all’atto dell’utilizzo della detrazione in dichiarazione, la rilevazione dell’ulteriore quota di provento maturata in contrapposizione all’ammontare di risparmio fiscale ottenuto, calcolata in modo tale da raggiungere, alla scadenza dell’ultima quota di detrazione/credito spendibile, il valore nominale (ad esempio il 110% della spesa). Ovvero, per i soggetti con bilancio abbreviato, la “spalmatura” del provento finanziario in maniera costante nel tempo con la tecnica dei risconti.

La seconda osservazione riguarda il fatto che il documento contabile non affronta il caso (frequente) della spesa sostenuta da una società immobiliare su un immobile iscritto tra le rimanenze (“bene-merce”).
In questo caso pare applicabile il paragrafo 14 del principio Oic 13, in base al quale i contributi in conto esercizio ricevuti per l’acquisto di beni inclusi nelle rimanenze sono rilevati nella voce A5 (altri ricavi e proventi) di conto economico, mentre i costi sostenuti sono rilevati al lordo di tali contributi.
Alla chiusura dell’esercizio, la variazione delle rimanenze è rilevata al netto dei contributi ricevuti. Nella versione definitiva del documento Oic recepirà è stata recepita questa osservazione.

La terza questione riguarda l’ingresso del bonus nella parte alta del conto economico, come quota di provento o come minor quota di ammortamento.
Chi scrive continua a ritenere che la detrazione (sia quando rimanga acquisita come tale, sia qualora venga monetizzata attraverso le opzioni della cessione del credito o dello “sconto in fattura”) non debba acquisire rilevanza nell’ambito della determinazione del reddito imponibile, né come provento (da qualificare come non imponibile e, quindi, da defalcare in sede dichiarativa) né come minor quota di ammortamento deducibile . Peraltro ciò risulta confermato indirettamente anche da quanto sostenuto dalla stessa Amministrazione finanziaria nei confronti dei committenti privati, precisamente nella risposta ad interpello riguardante le plusvalenze da cessione infra-quinquennale (Risposta ad interpello n. 204/2021) . Una detrazione d’imposta, a ben vedere, è una componente che si si crea “a valle” – e non “a monte” – del reddito imponibile, essendo portata a decurtazione di una imposta (se esiste) che si è già formata. Per cui l’eventuale imponibilità ci pare fuori luogo anche (e soprattutto) a livello sistematico.

Proprio quest’ultimo aspetto introduce l’ultima riflessione: le due modalità contabili di rilevazione del contributo in conto impianti non hanno (allo stato attuale dei chiarimenti) uguale impatto sotto l’aspetto fiscale. Infatti, come hanno già sperimentato le imprese che hanno iscritto i vari crediti d’imposta sui beni strumentali, mentre il metodo indiretto porta all’iscrizione di un provento che molto spesso la legge stessa definisce come irrilevante ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, con il metodo diretto si riduce la quota di ammortamento (praticamente azzerandola nel caso del 110%) senza che le norme prevedano la possibilità di recuperare la differenza nel modello dichiarativo.

In proposito va ricordato che lo stesso documento Oic ricorda che le scritture contabili riportate nell’appendice del documento sono da considerarsi a mero titolo esemplificativo e la stessa rappresentazione in bilancio può essere raggiunta utilizzando altre modalità di scritture contabili. Pertanto, in attesa di chiarimenti, appare consigliabile per le imprese seguire la rilevazione contabile con il metodo indiretto. Metodo che, tuttavia, non può essere applicato – sempre secondo l’Oic – quando l’impresa committente richiede (ed ottiene) lo sconto in fattura, perché in tal caso, sulla base del documento in commento, essa «rileva il costo dell'investimento al netto dello sconto ottenuto».

Nell’iscrizione del credito, l’impresa dovrà considerare quanto previsto dall’articolo 6-bis del Dl 41/2021 (nuovo comma 9-ter dell’articolo 119 del decreto Rilancio), vale a dire che l’Iva indetraibile, anche parzialmente, sulle spese incentivate si considera nell’importo rilevante ai fini della detrazione, indipendentemente dalla modalità di rilevazione contabile adottata.

Le altre criticità
Secondo il documento Oic, nell’applicare il criterio del costo ammortizzato la società deve stimare i flussi finanziari futuri (vale ai dire i debiti che prevede di “compensare”), confrontando il tasso di interesse di mercato con quello desumibile dalle condizioni contrattuali.

Negli esempi viene introdotta una semplificazione, ossia che questi due tassi coincidano (ma spesso così non è!), e che, nel caso del 110%, il valore iniziale di iscrizione del credito sia pari a 100.
Naturalmente ciò non potrà avvenire per detrazioni diverse, quali quelle (a mero titolo esemplificativo) del 65% (ecobonus) o del 90% (bonus facciate).

Riteniamo, comunque, che l’adozione del criterio del costo ammortizzato non sarà frequente nella pratica, da un lato perché spesso l’applicazione della alternativa tecnica del risconto (dettata dal documento Oic con riferimento ai bilanci abbreviati) non dovrebbe portare – nella maggior parte dei casi – a differenze rilevanti, e dall’altro perché assai spesso il credito (maturato come detrazione ovvero con l’acquisto o la concessione dello sconto in fattura) è destinato a sua volta ad essere ceduto a pochi giorni di distanza dalla sua acquisizione.

Ad ogni modo, è ben chiara nell’impostazione del documento Oic il riconoscimento di una natura finanziaria al differenziale tra la rilevazione iniziale del credito (esempio: 100) e il suo valore nominale (esempio: 110), tanto è vero che essa viene ripartita lungo gli anni della detrazione, con il metodo finanziario (per chi applica il costo ammortizzato) ovvero con quello dei risconti (per chi rinuncia al costo ammortizzato).

Voglio però sottolineare come, ad avviso di chi scrive, per l’impresa committente tale differenziale (10 nell’esempio considerato) altro non sia che una quota della detrazione, per cui, mantenendo fede al principio sopra esposto, si tratta di materia non imponibile .
In quest’ottica, anche l’eventuale differenziale negativo nato da una eventuale cessione di credito da parte dell’impresa committente (differenza tra il corrispettivo pattuito per il credito tributario ceduto e il valore contabile risultante in bilancio al momento della cessione, che il documento Oic identifica come onere finanziario) non dovrebbe assumere rilievo fiscale, proprio perché quota parte di un importo (la detrazione) non rilevante.

Le difficoltà aumentano quando dall’impresa committente ci si sposta considerando l’impresa acquirente o il fornitore che concede lo sconto in fattura.
L’Oic afferma che l’acquisizione del credito avviene al costo sostenuto, salvo poi valutare l’applicazione del costo ammortizzato se il tasso di mercato differisce da quello contrattuale. In caso di acquisto ad un valore inferiore al nominale, l’unico precedente interpretativo dell’agenzia delle Entrate è costituito dalla risposta ad interpello n. 105/2020, secondo cui, per il soggetto acquirente, il differenziale positivo tra valore nominale e costo di acquisto del credito costituirebbe sopravvenienza attiva (ai sensi dell’articolo 88 Tuir), che concorre alla formazione del reddito imponibilenell’esercizio in cui il credito è acquisito.

Si tratta di una impostazione più volte criticata, in quanto (come emerge dallo stesso documento Oic) si tratta di un provento la cui natura finanziaria è evidente , che deve essere rilevato per competenza e che assume rilevanza per quote, a mano a mano che matura, a seguito delle compensazioni successive che l’impresa opera nel modello F24 (ovvero che non si materializza neppure se l’impresa non lo compensa nell’unico periodo d’imposta in cui ciò può avvenire).
In questo caso la “derivazione rafforzata” di cui all’articolo 83, comma 1, Tuir, potrà (almeno per i soggetti diversi dalle micro-imprese) far prevalere la qualificazione contabile, con effetti positivi provvisori ai fini delle imposte dirette e definitivi ai fini Irap.

Conclusioni
Proviamo ad esemplificare. Ipotizzando che il fornitore riconosca uno sconto di 100 maturando un credito compensabile di 110, che cede alla banca per 102, a nostro avviso, a livello fiscale, non va individuata nessuna sopravvenienza attiva di 10 né un costo deducibile di 8, ma un provento finanziario di 2 che matura quando la cessione alla banca diviene certa.

Se invece l’impresa mantiene presso di sé il credito, ad ogni fine esercizio ed ogni volta che compensa la quota annua rileverà un provento finanziario pari alla differenza tra quanto compensato e la corrispondente quota di costo. In caso di incapienza, la compensazione non viene effettuata ed il provento finanziario non sorge.
Un credito fiscale non può avere un trattamento diverso da qualunque credito che si iscrive in bilancio, per il quale eventuali proventi (ovvero oneri) si materializzano per competenza.

L’impressione è che sul trattamento contabile e, soprattutto, sulla disciplina fiscale di questa “circolazione” dei bonus fiscali ci sia ancora molto da comprendere.


Questo articolo fa parte del nuovo Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.
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