Superbonus, pertinenze da inquadrare correttamente per calcolare la spesa massima
La risposta a interpello 242/2021 solleva dei dubbi sull’applicazione del tetto massimo riconosciuto per il sismabonus
Pertinenza o unità immobiliare a sé stante? Il corretto inquadramento della situazione di partenza condiziona la spesa massima che il contribuente può sostenere, in caso di lavori agevolati dal 110% o da altre agevolazioni edilizie.
Lo si vede anche nella recente risposta all’interpello 242/2021, in cui le Entrate hanno affrontato l’applicazione del superbonus al caso della demolizione e ricostruzione di un edificio in comproprietà tra due coniugi, composto da una unità abitativa, da un garage definito pertinenziale, e da altre due unità immobiliari accatastate in C/2 e C/6, dichiarate dal contribuente come «indipendenti» dall’abitazione (ma attigue e separate da una parete divisoria da quest’ultima).
La comproprietaria, in vista delle operazioni di accorpamento delle unità esistenti e della realizzazione finale di un’unica abitazione con annesso garage, ha richiesto alle Entrate di specificare i massimali di spesa a disposizione, ipotizzando in particolare, in materia di sismabonus, di poter usufruire del massimale di 96.000 euro per tre unità immobiliari: cioè quella residenziale, comprensiva del garage pertinenziale, e le due unità collaterali e “indipendenti” (oltre a fruire del massimale ecobonus per la sola unità immobiliare residenziale riscaldata).
L’agenzia delle Entrate ha confermato la soluzione prospettata dalla contribuente, trattando la situazione non già come quella di un’unità principale con una o più pertinenze, ma come quella dell’edificio in comproprietà tra più persone fisiche (ricadente nella casistica di cui all’articolo 119, comma 9, lettera a, Dl 34/2020 come novellato dalla legge di Bilancio 2021). Nel primo caso, il plafond di spesa è uno solo. Nel secondo caso, i plafond sono tanti quanti le unità.
Infatti, le pertinenze di un’abitazione – o meglio di un edificio unifamiliare - sono considerate una mera proiezione del bene principale sotto il profilo del trattamento fiscale, anche se accatastate separatamente (per lettura consolida nella prassi erariale: si veda già la circolare 12/E/2007; e le circolari in tema di superbonus nn. 24/E/2020 e 30/E/2020). Ne deriva che nessuna pertinenza di un edificio unifamiliare può essere computa ai fini del massimale di spesa del superbonus.
Il parere delle Entrate è reso, secondo la formula di rito, sulla base degli elementi illustrati nell’interpello. Nel caso specifico, è lecito nutrire qualche dubbio sulla correttezza dell’inquadramento della situazione operato dal contribuente. Ma, al di là di queste perplessità, questa vicenda conferma l’importanza di inquadrare correttamente la situazione di partenza per capire qual è il plafond di spesa massima.
Ricordiamo allora che il vincolo pertinenziale presuppone, in base all’articolo 817 del Codice civile, sia l’oggettiva destinazione del bene a servizio e ornamento del bene principale; sia la volontà del proprietario della cosa principale di dar vita a tale rapporto funzionale tra i due beni.
Generalmente, appare plausibile che le unità accatastate in categoria C siano destinate a servizio dell’abitazione attigua (e non, per esempio, destinate ad attività d’impresa, peraltro da escludersi a priori per il C/6): e sarebbe dunque onere del contribuente, che invoca l’agevolazione fiscale, rendere dimostrazione che le unità in questione non sono pertinenze dell’abitazione e come tali legittimanti un massimale di spesa a sé stante. E poiché la pertinenzialità di un’unità immobiliare può essere rilevata anche dal trattamento Imu relativo, è bene aver chiaro che il Fisco ha più di una possibilità per disconoscere massimali di spesa indebitamente moltiplicati, in relazione a unità pertinenziali ritenute invece dai contribuenti “indipendenti” e autonome, ma nell’ambito degli edifici che hanno, nella sostanza, natura unifamiliare.