Imposte

Superbonus, solo a fine cantiere si misura l’effettiva residenzialità

La circolare 23/E conferma che a garantire il beneficio è la destinazione d’uso finale. Ciò non vieta che in futuro l’immobile possa cambiare ancora modalità di utilizzo

ADOBESTOCK

di Giorgio Gavelli

Un’utile bussola per declinare le varie casistiche, soprattutto in relazione alle varie scadenze del superbonus per le diverse tipologie di edifici: è questo l’effetto concreto del capitolo 2 della circolare 23/E dello scorso 23 giugno, che dà lo spunto per alcuni ragionamenti.

Una prima riflessione riguarda lo stato dell’immobile a “fine lavori”: per quali aspetti è rilevante tale situazione? Per stabilire i limiti di spesa degli edifici plurifamiliari rileva lo stato di fatto all’inizio dei lavori agevolati, che va anche considerato come punto di partenza per poi dimostrare il raggiungimento dei requisiti tecnici minimi previsti dalle norme (ad esempio, il doppio salto di classe energetica per i lavori da ecobonus).

Tuttavia, la circolare ricorda che l’incompatibilità tra superbonus e immobili “di lusso” si misura al termine dei lavori: è infatti l’accatastamento finale – ove diverso da A/1, A/8 e A/9 (in quest’ultimo caso per gli immobili non aperti al pubblico) – ad “aprire la porta” al beneficio: anche se, in partenza, l’immobile rientrava proprio in una di quelle categorie catastali (la circolare fa l’esempio di un “A/8” che viene frazionato in vari “A/3”).

Ok al cambio in corsa

In effetti, si tratta del medesimo principio da applicare ai fini della residenzialità dell’immobile: l’unità di partenza può benissimo essere un “non abitativo” (e persino un “collabente” o un “immobile in corso di definizione”- F/2 o F/4), ma quello che conta è che al termine dei lavori l’accatastamento testimoni la destinazione abitativa non di lusso.

Proprio su questo aspetto, l’Agenzia assume una posizione di apertura, affermando che «in assenza di una specifica preclusione normativa» si ritiene che non osti alla fruizione dell’agevolazione la circostanza che l’immobile «possa cambiare, in futuro, destinazione d’uso». La norma – ricordano le Entrate – non subordina la fruizione delle cinque (o quattro, per le spese sostenute nel 2022) quote annuali di detrazione al mantenimento dei presupposti dell’agevolazione. Pertanto, non vi è automatica decadenza dal superbonus se, ad esempio, un’unità immobiliare classificata A/4 diventa “strumentale” di un’attività di impresa o di arti o professioni due anni dopo il termine dei lavori agevolati.

Naturalmente occorre tener presente due elementi fondamentali:
● la risposta a interpello 611/2021, con cui l’Agenzia ha negato il “bonus casa” ex articolo 16-bis Tuir (e, si ritiene, allo stesso modo avrebbe concluso per il superbonus) nell’ipotesi in cui fin dall’inizio dei lavori era chiaro l’utilizzo come studio professionale dell’unità immobiliare da parte del coniuge del proprietario;

● il caveat presente nella stessa circolare 23/E, nella quale si fa salva l’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria, in sede di controllo, accerti l’utilizzo dell’agevolazione non conforme alle norme «anche sotto il profilo dell’abuso del diritto».

Si noti, peraltro, che l’Agenzia dà rilievo alla destinazione effettiva anche al di là della classificazione catastale: sembra di comprendere che l’identificazione catastale quale immobile abitativo sia condizione necessaria ma non sufficiente per il beneficio, dovendo sussistere anche una concreta destinazione residenziale.

Edifici con più unità

Inoltre, spostandosi su immobili “plurifamiliari” (condominiali o a unico proprietario) dalla circolare emerge come il termine dei lavori sia il momento rilevante per determinare la prevalenza residenziale: requisito assai importante per l’applicazione (e l’estensione) del superbonus. Viene infatti specificato che, nel caso di interventi che comportino il cambio di destinazione di uso di una o più unità immobiliari all’interno di un edificio, la verifica che tale edificio abbia prevalentemente funzione residenziale va effettuata considerando la situazione esistente al termine dei lavori, escludendo in ogni caso le pertinenze.

Per l’identificazione dei soggetti e degli edifici che possono aspirare al superbonus (in misura ridotta o meno) anche oltre il 2023 si vedano le schede in pagina.

In quali casi si può andare oltre il 2023

1. Terzo settore
Il superbonus spetta sino al 2025 in percentuali decrescenti per Onlus, Odv e Aps (anche se iscritte al Registro unico), se hanno un reddito anche astrattamente imponibile Ires. Il bonus spetta indipendentemente dalla categoria catastale e dalla destinazione dell’immobile oggetto degli interventi, purché non di lusso.

2. Condomìni e assimilati
Altra categoria che può avere il superbonus (ma sempre con percentuali decrescenti) fino a tutto il 2025 è quella dei condomìni. Ai quali sono stati assimilati anche gli edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

3. Edifici terremotati
Scadenza al 2025 – ma con bonus sempre al 110% – per gli interventi su immobili (singoli o condominiali) nei territori colpiti da eventi sismici a partire dal 1° aprile 2009 e per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza. Con risoluzione 8/E/22 è stato chiarito che l’estensione non si applica se gli edifici non hanno subìto danni derivanti dagli eventi sismici.

4. Cessione e sconto in fattura
Per effetto del comma 7-bis dell'articolo 121 del Dl 34/2020, l’opzione per la cessione del credito o lo “sconto in fattura” può essere esercitata (in luogo della detrazione diretta) anche con riferimento alle spese sostenute sino al 31 dicembre 2025, per tutti gli interventi che l’articolo 119 dello stesso Dl 34/20 ammette al superbonus fino a tale data.

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