Imposte

Svalutazione dei crediti, i «noni pregressi» sono deducibili per l’Irap

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di Giosuè Manguso


L’esclusione delle svalutazioni dei crediti dai componenti di reddito deducibili ai fini Irap (introdotta dall’articolo 2 del Dl 168/2004) non può incidere sulle quote residue non dedotte delle svalutazioni dei crediti imputate al conto economico di bilanci di esercizi precedenti (i «noni pregressi»). Pertanto, per ciascun periodo di imposta successivo a quelli in corso alla data di entrata in vigore del Dl 168/2004 gli enti creditizi e finanziari e le imprese assicurative determinano la base imponibile Irap facendo concorrere, tra le variazioni in diminuzione, la quota di competenza dei «noni». È quanto confermato dall’ordinanza 17246/2019 della Cassazione dello scorso 27 giugno.

Fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 le voci di costo e di ricavo rilevanti ai fini Irap concorrevano a formarne la base imponibile in base ai valori che le medesime componenti di reddito presentavano ai fini delle imposte sui redditi (criterio previsto dall’articolo 11-bis del Dlgs 446/1997, che poi, in seguito all’abrogazione da parte della Finanziaria 2008, è stato sostituito dal criterio di determinazione della base imponibile Irap per «presa diretta dai valori di bilancio»). Per il periodo di imposta 2004, le rettifiche di valore su crediti verso la clientela imputate a conto economico erano deducibili ai fini Ires in misura corrispondente allo 0,60 per cento dei crediti iscritti in bilancio, l’eccedenza era differita, in quote annuali costanti, nei nove esercizi successivi. Per effetto dell’articolo 11-bis, dunque, i soggetti finanziari applicavano tale criterio anche nel determinare la propria base imponibile Irap.

Il Dl 168/2004 ha modificato l’articolo 6 del decreto Irap (Dlgs 446/1997), abrogandone il comma 1, lettera e («riprese di valore su crediti verso la clientela») e n («delle rettifiche di valore su crediti alla clientela»), senza prevedere alcuna disciplina transitoria per le svalutazioni di crediti già imputate a conto economico ma non ancora dedotte. Pertanto, dall’anno 2005 le perdite e le svalutazioni dei crediti imputate in bilancio non erano più deducibili ai fini Irap.

Per comprendere la disciplina Irap da riservare ai «noni pregressi» in seguito all’entrata in vigore del Dl 168/2004, occorre tener conto della disciplina di valutazione, ai fini della determinazione del reddito di impresa, dei crediti che le banche detengono verso la clientela. In particolare, l’articolo 71, comma 3, del Tuir (articolo 106, comma 3, del Tuir nel periodo di imposta 2004) è stato profondamente modificato dal collegato alla Finanziaria 1996 (legge 549/1995, articolo 3, commi 103, 107 e 108). L’obiettivo del legislatore è stato quello di conseguire un allineamento del valore fiscale dei crediti a quello risultante dal bilancio. Infatti, il riconoscimento fiscale differenziato delle svalutazioni effettuate nell’esercizio (deducibilità immediata fino a concorrenza di una determinata percentuale dei crediti risultanti in bilancio, e deducibilità frazionata in più esercizi per la parte eccedente) opera soltanto in termini finanziari, in quanto il valore fiscale del credito si allinea immediatamente al minor valore dello stesso iscritto in bilancio (Abi, circolare serie tributaria 6/1996 e Assonime circolare 50/1996).

I giudici di legittimità, conformandosi all’orientamento che si sta consolidando (Cassazione, sentenze 5403/2012 e 4165/2018), hanno semplicemente applicato il principio sotteso al funzionamento dell’articolo 106, comma 3, del Tuir vigente all’epoca dei fatti.
Infatti, riconoscendo al differimento della deduzione pluriennale dei «noni pregressi» una valenza esclusivamente finanziaria, i giudici ritengono che la deducibilità in più annualità costituisce un diritto acquisito, sul quale non può avere effetto la modifica prevista dal Dl 168/04. diversamente, si verrebbe ad attribuire alla legge successiva valore retroattivo, in violazione del principio all’articolo 11 delle disposizioni preleggi del Codice civile. Inoltre, per i giudici la circostanza che le modifiche legislative non abbiano previsto una disciplina delle quote delle svalutazioni anteriormente iscritte in bilancio e non dedotte, rende non sostenibile la tesi dell’Amministrazione finanziaria, in quanto fondata su un’interpretazione retroattiva dell’articolo 2 non consentita dallo Statuto del contribuente.

L’irrilevanza Irap delle rettifiche di valore su crediti verso la clientela ha comunque riguardato soltanto il triennio 2005-2007. Dal 2008, infatti, con un’ulteriore modifica dei criteri di determinazione della base imponibile Irap degli enti creditizi e finanziari (legge 244/2007, articolo 1, comma 50), tali componenti di reddito hanno assunto di nuovo rilevanza, ma non immediatamente e in via ordinaria in sede di imputazione a conto economico, bensì soltanto all’atto dell’eventuale cessione dei crediti oggetto di svalutazione (circolare 36/E/2009). Successivamente, con la legge di Stabilità per il 2014, il riconoscimento ai fini Irap delle rettifiche di valore sui crediti verso la clientela è diventato ordinario, prevedendone una deducibilità prima frazionata (in cinque quote costanti annuali) a decorrere dal 2013, e poi integrale (Dl 83/2015), nell’esercizio di imputazione a conto economico a decorrere dal 2015.

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