Imposte

Tari sugli agriturismi, no alla tariffa degli alberghi

La Ctp Pescara ritiene illegittimo applicare la stessa tariffa, in linea con le pronunce del Consiglio di stato

ADOBESTOCK

di Luigi Lovecchio

È illegittima la tariffa Tari relativa agli alberghi applicata agli agriturismi. Questo perché l’attività agrituristica è strutturalmente diversa da quella alberghiera, sia sotto il profilo legislativo che nelle modalità di svolgimento. Lo ha stabilito la Ctp Pescara 202/2/2020 (presidente Venezia, relatore Papa).
La tassazione dell’agriturismo ai fini della tassa rifiuti è sempre stata critica, anche in ragione della rigidità della disciplina istitutiva del prelievo. La tariffa di riferimento, in particolare, è determinata sulla base del metodo normalizzato, contenuto nel Dpr 158/1999. In tale provvedimento, le utenze non domestiche sono raggruppate in macro categorie di attività che costituiscono una rappresentazione semplificata e approssimativa delle molteplici tipologie di imprese esistenti. I Comuni hanno il potere di individuare ulteriori categorie, ma per far ciò dovrebbero avere a disposizione i risultati di una istruttoria fondata su di una idonea campionatura locale di rifiuti oppure su “studi di settore”. Ciò, ovviamente, per evitare le tariffe fai da te, frutto dell’arbitrio delle amministrazioni comunali. Non sempre però questo è agevolmente praticabile in concreto. Inoltre, per stabilire la categoria di appartenenza ai fini tariffari, non è decisivo quanto risultante, ad esempio, dai codici Ateco ma occorre guardare all’attività effettivamente esercitata.
L'agriturismo, per sua natura, non è facilmente rappresentabile negli “aggregati” del metodo normalizzato anche per il fatto che i rifiuti dello stesso, in quanto di norma strettamente connesso con l’impresa agricola, sono in buona parte riutilizzati nella coltivazione del fondo o nell’allevamento di animali. Tale peculiarità è stata segnalata dal Consiglio di stato, nella sentenza 1162/2019, che ha affermato la necessità che le utenze in esame siano debitamente differenziate rispetto alle attività tipicamente alberghiere. Tanto in ragione di una minore produttività di rifiuti ascrivibile all’agriturismo che dovrebbe avere come scopo precipuo la valorizzazione e il recupero del patrimonio rurale. La pronuncia ha pertanto concluso nel senso che, pur non potendosi escludere che l’agriturismo produca rifiuti urbani, occorre che esso sia tipizzato in una categoria intermedia tra quelle abitative e quelle propriamente commerciali.
Si tratta di un ragionamento analogo a quello svolto dai giudici pescaresi che hanno ricostruito la diversità di disciplina rispetto agli esercizi alberghieri, indice di una differente modalità di effettuazione delle prestazioni rese. Da qui l’annullamento degli avvisi di accertamento emessi dal Comune.
Dal primo gennaio 2021, peraltro, la situazione è radicalmente cambiata per effetto dell’entrata in vigore del Dlgs 116/2020, contenente la nuova classificazione dei rifiuti. Nell’articolo 184, Dlgs n. 152/2006, nonché negli allegati L–quater e L–quinquies, è infatti stabilito che i rifiuti delle attività agricole e connesse sono sempre speciali. Di conseguenza, l’agriturismo, in quanto tale, è diventato totalmente escluso dal prelievo sui rifiuti, con obbligo di convenzionarsi con operatori abilitati alla gestione dei rifiuti speciali.

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