Imposte

Tarsu, sì all’accertamento che richiama le delibere senza allegarle

di Romina Morrone

È legittimamente motivato l’avviso di accertamento Tarsu che rinvia, senza allegarle, alle delibere del Comune richiamate. Lo ha ribadito la Cassazione nell’ ordinanza 16289/2017 depositata ieri 30 giugno.

La vicenda
Il Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Commissione regionale ha ritenuto motivato l’avviso di accertamento per la Tarsurelativa dal 2012, nonostante la mancata allegazione delle delibere in esso richiamate. In particolare, il Comune ha lamentato (anche) violazione dell’articolo 7 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000) e la Corte lo ha accolto.

La sentenza
I giudici di legittimità hanno richiamato il loro costante orientamento secondo il quale l’onere di allegare l’atto richiamato nella motivazione di un accertamento tributario, posto a carico dell’amministrazione finanziaria dall’articolo 7, comma 1, della legge 212/2000, non fa riferimento agli atti di carattere normativo e che sono oggetto di conoscenza legale da parte del contribuente. E tale principio trova applicazione anche per gli avvisi emanati dalle amministrazioni comunali (Cassazione, 22254/2016 e 1568/2017).

A tale riguardo, prima la Corte ha affermato che l’allegazione delle delibere a contenuto normativo non vale ad integrare il requisito motivazionale dell’atto impositivo Tarsu. Poi ha collegato a tale principio, l’altro secondo il quale non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale della tariffa ex articolo 65 del Dlgs 507/93, poiché quest’ultima, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge a un pluralità indistinta, ma determinabile ex post, di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali e aree tassabili (Cassazione, 7044/2014). Inoltre, poiché il sistema di pubblicità legale delle delibere dei Comuni integra un obbligo di legge (articolo 124 del Dlgs 267/2000), la loro pubblicazione deve presumersi e non è oggetto di specifica prova da parte dell’Ente.

Cassazione, ordinanza 16289/2017

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