Controlli e liti

Tassa sulle concessioni governative, niente esenzione per gli enti pubblici

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di Roberto Bianchi

Le esenzioni dalla tassa sulle concessioni governative in favore delle Onlus e delle società e associazioni sportive dilettantistiche non si applicano agli enti pubblici, territoriali e non territoriali, considerato l’esplicito disposto dell’articolo 1, comma 10, del Dlgs 460/1997, oltre all’impossibilità di applicazione analogica delle norme di esenzione e di agevolazione tributaria. Si tratta dell’applicazione di un principio generale secondo il quale le disposizioni che prevedono trattamenti agevolati in ambito fiscale costituiscono una deroga alla regola generale e sono pertanto meramente interpretativi. Di conseguenza l’inammissibilità dell’analogia quale strumento di interpretazione delle disposizioni agevolative in ambito tributario, impedisce di dare rilievo alla circostanza che il comma 1 dell’articolo 74 del Dpr 917/1986 (in precedenza articolo 88) sancisca l’esenzione dall’Ires per «gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni» (Cassazione sentenza Sezioni unite n. 9560/2014). A tale conclusione è giunta la Cassazione con l’ ordinanza 23085/2019 .

In passato con la pronuncia 5671/2016 la Suprema corte ha sancito che gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi a essi l’esenzione riconosciuta dalla legge a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione e attesa l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra Amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta legislativa come affermato dalla sentenza delle Sezioni unite 9560/2014.

In particolare, con quest’ultima pronuncia la Cassazione ha affermato che «un’interpretazione delle norme del Dlgs n. 259/2003 da cui si facesse discendere un’attuale inapplicabilità della tassa di concessione governativa sui telefonini prevista nel vigente sistema sarebbe incompatibile con la disposizione di cui all’articolo 219 del medesimo Codice e, quindi non rappresentativa dell’effettiva realtà normativa».
Le Sezioni unite hanno inoltre preso atto della disciplina di interpretazione autentica dettata dal comma 4 dell’articolo 2 del Dl 4/2014, secondo la quale «per gli effetti dell’articolo 21 della Tariffa annessa al Dpr 26 ottobre 1972, n. 641, le disposizioni dell’articolo 160 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al Dlgs 10 agosto 2003, n. 259, richiamate dal predetto articolo 21, si interpretano nel senso che per stazioni radioelettriche si intendono anche le apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione», riconoscendola legittima, anche alla stregua dei principi espressi dalla legge 212/2000, oltreché vincolante per l’interprete.

In base all’interpretazione fornita dalle Sezioni unite agli articoli 318 del Codice postale (attualmente articolo 160 del Dlgs n. 259/2003), all’articolo 3 del Dm 33/1990 e all’articolo 3 del Dl 151/1991 (ora articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr n. 641/1972) e inoltre nel rispetto della norma di interpretazione autentica al comma 4 dell’articolo 2 del Dl 4/2014, il collegio di legittimità ha concluso per l’applicabilità agli abbonamenti per il servizio di telefonia cellulare della tassa di concessione governativa come disciplinata dall’articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr 641/1972.

Cassazione, ordinanza 23085/2019

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