Tasse prima casa per il bene «donato»
Se un comproprietario rinuncia alla sua quota di comproprietà, provocando con ciò l’espansione della quota di comproprietà degli altri comproprietari, l’atto di rinuncia (che è tassato con l’imposta di donazione) può beneficiare dell’agevolazione “prima casa” e, quindi, assolvere le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro per ciascuna. Lo decide la Ctr Veneto con sentenza n. 1233 del 7 dicembre 2017 , confermando la sentenza n. 1000/2015 della Ctp Padova.
Il caso è interessante sia per il suo profilo civilistico (divenuto di particola attualità dopo la pubblicazione dello Studio del Consiglio nazionale del Notariato 216-2014/C di cui Il Sole 24 Ore ha riferito il 25 aprile 2014) sia per il suo trattamento tributario, privo di precedenti giurisprudenziali editi. Il codice civile prende in considerazione la rinuncia alla quota di comproprietà in tre fattispecie:
• l’articolo 882, in tema di riparazioni del muro comune, secondo il quale il comproprietario di un muro comune può esimersi dall’obbligo di contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di comunione;
• l'articolo 1104, in tema di spese della comunione, secondo cui ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto;
• l’articolo 1118, comma 2, che invece, stante il carattere “necessario” delle parti condominiali di un edificio, esclude la rinunciabilità della loro comproprietà.
L'atto di rinuncia alla quota di comproprietà è dunque un atto unilaterale, che non necessita, per la sua efficacia, dell'accettazione degli altri comproprietari, in capo ai quali dunque si produce un automatico, proporzionale e non rifiutabile accrescimento delle loro quote.
La “tutela” di costoro va rinvenuta nel fatto che anch’essi possono, a loro volta, rinunciare alla loro (accresciuta) quota; e che nemmeno l’ultimo di essi rimane “con il cerino acceso in mano”, in quanto anch’egli può rinunciare alla sua proprietà con l’effetto che, ai sensi dell’articolo 827 del codice civile, l'immobile diviene di proprietà dello Stato.
Sotto il profilo tributario, non trattandosi di un atto a titolo oneroso, l’atto di rinuncia alla comproprietà deve essere tassato con l’imposta di donazione: essa si applica infatti ai «trasferimenti di beni e diritti per donazione» (articolo 1, comma 1, d. lgs. 346/1990), tenendo però conto che «si considerano trasferimenti anche … la rinunzia a diritti reali» (articolo 1, comma 1, Dlgs 346/1990).
L'imposta di donazione si calcola in base al rapporto (di coniugio, di parentela o di affinità) eventualmente intercorrente tra il donante e il donatario, ciò che, nel caso della rinuncia, va declinato in termini di rapporto sussistente tra il soggetto rinunciante e il soggetto beneficiario della rinuncia (nel caso in oggeto si trattava della comproprietà tra due coniugi e, quindi, della rinuncia di uno di essi a favore dell’altro). Ebbene, se si tratta di una rinuncia “tra coniugi”, l’aliquota d’imposta è attestata al 4%, applicabile alla parte del valore del diritto oggetto di rinuncia (per i fabbricati, si utilizza come base imponibile il valore “catastale”) che eccede la soglia di 1 milione di euro.
Quanto alle imposte ipotecaria e catastale, esse sono dovute con le aliquote del 2 e dell’1% sul predetto valore imponibile. A meno che in capo al soggetto beneficiario della rinuncia ricorrano (come riconosciuto dalla Ctr Veneto) i presupposti per l'applicazione dell’agevolazione “prima casa”, caso nel quale le imposte ipotecaria e catastale degradano alla misura fissa di euro 200 per ciascuna di esse.
Ctr Veneto con sentenza n. 1233 del 7 dicembre 2017