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Tax credit audiovisivi, la strada del ruling per non perdere gli investimenti delle piattaforme internazionali

di Ciro Serio

Le piattaforme internazionali adottano un business model che, allo stato attuale, sembrerebbe precludere l’applicabilità delle tipologie di tax credit previste dalla legge 220/2016 e dai Dm attuativi.

Il panorama europeo e italiano
In ambito europeo, di regola, è il produttore esecutivo domestico a beneficiare direttamente degli incentivi fiscali sulla produzione dell’opera (tax credit, tax rebate, tax shelter, eccetera). La piattaforma beneficia solo indirettamente dell’incentivo fiscale, attraverso la riduzione del costo di produzione dell’opera.

Ai fini del tax credit sulle produzioni italiane, le opere audiovisive prodotte dalla piattaforma sono da considerarsi opere web, in quanto destinate alla diffusione mediante fornitori di servizi media audiovisivi su altri mezzi ovvero attraverso fornitori di servizi di hosting.

L’attuale business model adottato dalle piattaforme internazionali non consentirebbe l’applicazione del tax credit sulle opere audiovisive di nazionalità italiana, trattandosi di opere definibili di nazionalità straniera, in quanto la piattaforma estera, di regola, ne acquisisce la totalità dei diritti.

Inoltre, le opere audiovisive prodotte dalla piattaforma non beneficerebbero neanche del tax credit ex articoli 19 della legge 220/2016 e 25 successivi del Dm 15 marzo 2018 (credito d’imposta per l’attrazione in Italia di investimenti cinematografi e audiovisivi), in quanto, le opere, pur se di nazionalità straniera, sono «potenzialmente italiane», ai sensi dei requisiti previsti dal Dpcm 11 luglio 2017 e dalle istruzioni della Dg cinema del 18 aprile 2019 («è preclusa l’ammissibilità di un’opera al tax credit in oggetto se l’opera possiede, anche solo potenzialmente, i requisiti previsti per il riconoscimento della nazionalità italiana delle opere»). Ciò detto, le opere prodotte in Italia dalla piattaforma, non beneficiando di alcuna fattispecie di tax credit, presentano un costo di produzione potenzialmente più elevato di quello sostenibile in altri paesi Ue di pari livello produttivo.

Le possibili altre tipologie contrattuali
Ai fini di potere beneficiare di una delle tipologie di tax credit previste dalla legislazione italiana, le piattaforme dovrebbero quindi modificare il proprio business model, adottando una delle tipologie contrattuali previste dall’articolo 15 della legge 220/2016, nonché dal Dm 15 marzo 2018, in tema di tax credit alla produzione di opere di nazionalità italiana. Tuttavia, il Dm in tema di «Misure straordinarie per l’anno 2020 in materia di credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva» ha modificato il beneficio massimo ottenibile, in base all’articolo 15, portandolo da 10 milioni euro annui per impresa a 3 milioni per opera, elevabili a 6 milioni di euro. Tale disposizione, se confermata a regime, causerebbe una rilevante riduzione del beneficio massimo ottenibile per le opere web delle piattaforme; le quali, investendo significative risorse per la produzione di tali opere, vedono ridursi il proprio beneficio massimo per opera da 10 milioni a 3 milioni o a 6 milioni.

Le prospettive
Il rischio per l’industria audiovisiva italiana, in questo difficile momento, è la riduzione del livello di investimenti inizialmente destinati dalle piattaforme alle produzioni italiane. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di prevedere, nei prossimi interventi legislativi e/o interpretativi, di consentire alla piattaforme di beneficiare del tax credit per le opere straniere, mantenendo l’abituale business model; ciò potrebbe avvenire, ad esempio, eliminando il requisito della potenziale nazionalità italiana; un’altra possibilità potrebbe essere quella di circoscrivere l’incentivo fiscale agli operatori internazionali che stipulino un apposito “ruling” a valenza pluriennale con la Dg Cinema sul livello di investimenti nella produzione di opere audiovisive da destinare in Italia.