Controlli e liti

Telefisco 2022, le risposte delle Entrate su controlli, riscossione e liti

Ecco le risposte dell’agenzia delle Entrate presentate a Telefisco 2022 ad alcuni quesiti in materia di controlli, riscossione e liti. Si tratta di una selezione dei tanti chiarimenti forniti durante il convegno annuale da parte delle Entrate, Mef e Gdf interamente consultabili su Nt+Fisco.

1 - Termini di decadenza nel 2022

Con riferimento ai termini di decadenza relativi agli atti di accertamento, si chiede se si condivide l’interpretazione secondo cui i termini naturalmente in scadenza al 31 dicembre 2021 devono intendersi differiti di 85 giorni, in conseguenza della sospensione dettata nell’art. 67, Dl 18/2020. Si chiede altresì se tale sospensione operi per la totalità dei termini pendenti all’8 marzo 2020, con la sola esclusione di quelli afferenti le annualità naturalmente in scadenza al 31 dicembre 2020, in relazione ai quali ha operato invece la previsione speciale di cui all’art. 157, Dl 34/2020.

L’articolo 67 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, risulta applicabile ai termini decadenziali riferiti ad atti ed imposte non rientranti nell’ambito applicativo della proroga di cui all’articolo 157 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34; ciò in quanto il comma 1 del medesimo articolo 157 ha previsto che tali termini di decadenza siano calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Per tali atti e imposte, la circolare 20 agosto 2020, n. 25/E (cfr. la risposta al quesito 3.10.4) ha chiarito che: «…. può ritenersi ormai superata l’applicazione del periodo di sospensione dei termini prevista dal citato articolo 67, in quanto lo stesso periodo (8 marzo – 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall’articolo 157 (entro il 31 dicembre 2020)».

La sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 risulta invece applicabile ai termini di decadenza riferiti ad atti e imposte non scaduti nel periodo tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 e che, pertanto, non sono rientrati nell’ambito applicativo dell’articolo 157, comma 1, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34. Sul punto, richiamando quanto indicato nella circolare del 6 maggio 2020, n. 11/E (risposta al quesito 5.9), la circolare n. 25/E del 20 agosto 2020 (risposta al quesito 3.10.4) ha chiarito che: «In virtù di un principio generale, più volte richiamato nei precedenti documenti di prassi, la sospensione introdotta dall’articolo 67 [determina] lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 85 giorni)».

Di conseguenza, a mero titolo esemplificativo, il termine di decadenza relativo al periodo di imposta 2016, corrispondente al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sarà il 26 marzo 2023 e non il 31 dicembre 2022.

2 - Decadenza e mini ritardi nelle rate

Con riferimento alla causa di decadenza dalle dilazioni con l’agente della riscossione (pari, a seconda dei casi, a 5, 10 o 18 rate non pagate), si chiede se si tiene conto di lievi ritardi nei pagamenti. Ad esempio, in caso di decadenza pari a 10 rate non pagate, a fronte di 10 rate pagate con ritardo non superiore a 7 giorni, oppure di 9 rate non pagate e la decima pagata con ritardo non superiore a 7 giorni, il contribuente si considera comunque decaduto?

Il riferimento all’ipotesi di tardività non superiore a 7 gg. nel versamento delle rate dei piani di dilazione accordati dall’agente della riscossione ai sensi dell’art. 19 del Dpr n. 602/1973 sembra diretto ad evocare la disciplina recata dall’art. 15-ter del medesimo Dpr in tema di “lieve inadempimento”, disciplina che, tuttavia, riguarda - come risulta dalla relativa rubrica - la diversa fattispecie degli «adempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’agenzia delle Entrate» e non è, invece, applicabile alle rateazioni dell’agente della riscossione. Del resto, le disposizioni del predetto art. 15-ter hanno un contenuto incompatibile con il contesto di tali ultime rateazioni, poiché il comma 5 dello stesso art. 15-ter dispone che, nei casi di “lieve inadempimento” richiamati dal precedente comma 5, «… si procede all’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata … » e le somme oggetto di dilazione ex art. 19 Dpr n. 602/1973 sono per definizione già iscritte a ruolo/affidate in carico all’agente della riscossione.

3 - Transazione fiscale - L’omologazione forzosa

Alcuni uffici ritengono che l’omologazione forzosa della transazione fiscale possa essere disposta solo a seguito della mancata pronuncia dell’amministrazione finanziaria, e non anche a seguito di un rigetto espresso della proposta. Qual è la posizione ufficiale dell’agenzia delle Entrate al riguardo?

La disciplina vigente di cui agli articoli 180, quarto comma, e 182-bis, quarto comma, della legge fallimentare, preceduta da un ampio dibattito dottrinale e da contrasti giurisprudenziali, prevede che, nelle ipotesi di accordo di ristrutturazione dei debiti e di concordato preventivo con proposta di trattamento del credito tributario, il Tribunale fallimentare possa procedere all’omologazione anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria (o degli enti di previdenza e assistenza obbligatori gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) quando l’adesione è determinante per il raggiungimento delle maggioranze di legge e la proposta, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista, è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Il dibattito dottrinale sull’interpretazione della previgente formulazione normativa che consentiva l’omologazione di un concordato preventivo e di un accordo di ristrutturazione dei debiti, rispettivamente, “anche in mancanza di voto” o “in mancanza di adesione” ha visto prevalere la tesi, avallata anche da diversi giudici di merito, dell’interpretazione estensiva della normativa, applicabile pertanto anche all’ipotesi di voto sfavorevole o di diniego espresso. La disciplina vigente è frutto di una recente modifica apportata dall’articolo 20 del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147, che ha allineato la formulazione della norma in materia di omologazione del concordato preventivo a quella adoperata in materia di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti utilizzando l’espressione “anche in mancanza di adesione” in luogo della locuzione “anche in mancanza di voto”.

Tale modifica supera le incertezze interpretative legittimando la tesi estensiva. La disciplina trova applicazione sia nell’ipotesi di inerzia dell’amministrazione finanziaria che nell’ipotesi di diniego espresso, ferma restando la facoltà di proporre opposizione all’omologazione, ed eventuale successivo reclamo avverso il decreto di omologazione, sulla base degli elementi e delle circostanze che hanno costituito motivo del rigetto della proposta.

4 - Inoppugnabilità dell’estratto di ruolo

Come opera la nuova norma rispetto agli estratti di ruolo richiesti e/o impugnati prima della sua entrata in vigore e quindi rispetto ad eventuali procedimenti pendenti?

Con riferimento al quesito posto si evidenzia che, già prima dell’entrata in vigore dell’art. 3-bis del Dl n. 146/2021, la Corte di Cassazione aveva ripetutamente escluso l’autonoma impugnabilità ex se dell’estratto di ruolo e l’accesso alla tutela giurisdizionale “anticipata” (mediante l’impugnazione del ruolo o della cartella, che si pretenderebbe conosciuto/a tramite l’estratto di ruolo consegnato da AdeR al debitore richiedente) senza attendere la notifica dell’atto riscossivo successivo, non sorretto da un interesse concreto ed attuale del contribuente a valersene.

Pertanto, con la disposizione dettata dal predetto art. 3-bis del Dl n. 146/2021 il legislatore si è posto nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di Cassazione ed è intervenuto per ribadire la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e prevedere le casistiche in cui l’interesse del debitore ad impugnare direttamente «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata», senza attendere la notifica dell’atto successivo, è ritenuto sussistere in ragione dell’emersione di un concreto pregiudizio (derivante dall’iscrizione a ruolo e da documentarsi a cura del debitore stesso), in casistiche accomunate dal rilievo che, nelle stesse, in ragione dell’emersione del pregiudizio in parola, «l’esigenza di tutela giudiziale si palesa indifferibile» (cfr., in proposito, la Relazione Finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria).

5 - Inoppugnabilità dell’estratto di ruolo: sospensione dell’agente

Secondo la legge 228/2012, l’agente della riscossione è obbligato a sospendere immediatamente ogni procedura esecutiva finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, nel caso il debitore presenti una dichiarazione con la quale afferma l’esistenza di una causa di inesigibilità della pretesa (ad es. prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso). La dichiarazione va presentata, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa. È possibile presentare questa dichiarazione nel caso in cui si viene a conoscenza del ruolo e/o attraverso l’estratto di ruolo, ma senza che sia stato ancora notificato un atto della riscossione?

Ai sensi dell’art. 1, comma 537, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, «gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi, di seguito denominati “concessionari per la riscossione”, sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati dal debitore, effettuata ai sensi del comma 538».

Il successivo comma 538 dispone, poi, che la dichiarazione in parola può essere presentata, «, a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla notifica, da parte del concessionario per la riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal concessionario».

Pertanto, per espressa previsione normativa, la presentazione della dichiarazione di cui all’art. 1, commi 537 ss., della legge n. 228/2014 – che determina la sospensione delle attività di recupero coattivo – presuppone necessariamente la preventiva notifica «del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva».

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