Telefisco 2024, le risposte delle Entrate: accertamento e riscossione
Rottamazione quater
Un soggetto ha incluso nella domanda di rottamazione quater delle partite che erano state oggetto di piani di dilazione pregressi, già decaduti al momento della presentazione della domanda stessa. Si chiede di sapere se, in caso di decadenza dalla rottamazione quater, il debito residuo può essere comunque dilazionato, ai sensi dell’articolo 19, Dpr 602/1973, anche se riferito alle suddette partite.
L’articolo 1, commi 231 e seguenti, della legge 197/2022 non impedisce l’adesione alla «rottamazione-quater» per i debiti per i quali si era verificata la decadenza da una precedente dilazione.
Esso, inoltre, non preclude ai debitori incorsi nell’inefficacia della rottamazione-quater l’accesso alla rateazione prevista all’articolo 19 del Dpr 602/1973, in quanto non reca disposizioni analoghe a quelle che nelle precedenti rottamazioni avevano previsto tale preclusione (si veda l’articolo 6, comma 4, del Dl 193/2016 per la prima rottamazione; l’articolo 1, comma 4, del Dl 148/2017 per la «rottamazione-bis» - per effetto del rinvio, ivi contenuto, all’articolo 6 del Dl 193/2016 - e l’articolo 3, comma 14, lettera b, del Dl 119/2018 per la «rottamazione-ter»).
Premesso questo, in caso di inefficacia della «rottamazione-quater», il debito residuo può essere dilazionato in base all’articolo 19 del Dpr 602/1973. Al riguardo, tuttavia, si evidenzia che, secondo quanto previsto dal vigente testo del comma 3, lettera c, dello stesso articolo 19 – applicabile ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste di rateazione presentate a partire dal 16 luglio 2022 (si veda l’articolo 15-bis, comma 2, del Dl 50/2022) - «in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di otto rate anche non consecutive», il debitore «decade automaticamente dal beneficio della rateazione» e «il carico non può essere nuovamente rateizzato».
Ne deriva che, qualora il debitore incorra nell’inefficacia della «rottamazione-quater» relativamente a debiti per i quali era decaduto da una dilazione richiesta dal 16 luglio 2022, non può nuovamente rateizzare questi debiti, non per effetto dell’inefficacia della definizione ma della decadenza dalla vecchia dilazione.
Viceversa, in base all’articolo 15-bis, comma 3, del Dl 50/2022, in caso di decadenza dal beneficio della rateazione concessa a seguito di richieste presentate anteriormente al16 luglio 2022, il carico può essere nuovamente rateizzato se, alla data di presentazione della nuova richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate.
Adesione, ricorso e sospensione
Nel corso del procedimento di adesione con l’Agenzia viene redatto verbale negativo al 70° giorno dei 90. Qual è il termine per la proposizione del ricorso ipotizzando che l’istanza di adesione fosse stata presentata l’ultimo giorno utile (indicativamente il 60° giorno)?
In base all’articolo 6, comma 2, del Dlgs 218/1997, il contribuente, anteriormente all’impugnazione dell’atto, può formulare istanza di accertamento con adesione. Il successivo comma 3 dell’ articolo precisa, tra l’altro, che il termine per l’impugnazione è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione. Al termine di questo arco di tempo, il contribuente, se non ha raggiunto un accordo con l’Amministrazione, può impugnare l’atto avanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado. Come chiarito con la circolare 65 del 2001, «la negativa conclusione del procedimento non incide sul periodo di sospensione dei termini per ricorrere previsto dal comma 3 dello stesso articolo 6».
Il medesimo documento di prassi precisa che «sia sul piano testuale che di ricostruzione logico-sistematica, non è fondatamente sostenibile la comprimibilità del periodo di sospensione fissato dalla legge in novanta giorni». Pertanto, nel caso prospettato nel quesito, essendo già decorsi i 60 giorni dalla notifica dell’atto, previsti dall’articolo 21, comma 1, del Dlgs 546/1992, ed essendo trascorsi anche 70 giorni dei 90 totali di sospensione previsti dall’articolo 6, comma 3, del Dlgs 218/1997, il contribuente ha ancora a disposizione 20 giorni entro cui proporre ricorso.
Adesione, conclusione negativa e pagamento
Al termine del procedimento di adesione conclusosi negativamente, il contribuente può pagare il giorno precedente alla scadenza dei 150 giorni le sanzioni ridotte e impugnare la sola pretesa?
La risposta è affermativa. La questione è già stata oggetto di chiarimenti da parte dell’Amministrazione, sia in occasione di precedenti edizioni di incontri con la stampa specializzata sia in documenti di prassi amministrativa (si veda la circolare 25/E del 19 giugno 2012, paragrafo 9.3). Il vigente articolo 17 del Dlgs 472/1997 prevede:
- al comma 1, l’obbligatorietà della contestuale irrogazione delle sanzioni collegate al tributo nell’atto impositivo;
- al comma 2, la possibilità di definire, in modo agevolato e entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, le sole sanzioni, con il pagamento di un importo pari a un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo
Stante il rinvio ai termini di proposizione del ricorso operato dall’articolo 17, comma 2, del Dlgs 472/1997, anche nell’ipotesi in cui il procedimento di accertamento con adesione si concluda negativamente, il contribuente può definire le sanzioni in modo agevolato, ovvero nella misura ridotta, a condizione che effettui il pagamento entro il termine per la proposizione del ricorso.
Nell’ipotesi prospettata nel quesito, pertanto, entro il termine di 150 giorni (60+90) dalla notifica dell’avviso di accertamento (salvo l’ulteriore periodo della sospensione feriale) è possibile definire le sole sanzioni in base all’articolo 17, comma 2 e presentare ricorso per la parte residua della pretesa contenuta nell’atto impositivo.
Sanzioni e mancata dichiarazione di criptoattività
In materia di sanzioni per mancata dichiarazione di criptoattività si chiede quale è il regime sanzionatorio per coloro che detengono criptoattività dal 2017 e che non hanno aderito alla ultima sanatoria, e se sia possibile aderire al ravvedimento operoso con quali premialità per il contribuente.
Il contribuente che detiene attività di natura finanziaria all’estero deve riportarne il valore nel quadro RW della dichiarazione ai fini del monitoraggio fiscale, pena l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 5 del Dl 167/1990, convertito, con modificazioni, dalla legge 227/1990, in misura «dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati» o dal «dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati» se le attività sono detenute «negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del ministro delle Finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del ministro dell’Economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001».
Coloro che hanno deciso di non avvalersi della regolarizzazione prevista dall’articolo 1, commi da 138 a 142, della legge 197/2022, non possono beneficiare delle misure premiali disposte dai commi 139 e 140 - che prevedono un beneficio relativo alla misura della sanzione innanzi richiamata, fissata «nella misura ridotta pari allo 0,5 per cento per ciascun anno del valore delle attività non dichiarate» e, per coloro che hanno realizzato redditi nel periodo di riferimento, la possibilità di «regolarizzare la propria posizione attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva, nella misura del 3,5 per cento del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno o al momento del realizzo». Ne consegue che il ravvedimento operoso, previsto dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, deve essere commisurato sulle sanzioni ordinariamente calcolate.
Nel caso rappresentato riguardante la detenzione, dal 2017, di cripto-attività (comprese le cripto-valute), per le quali il contribuente non si sia avvalso della procedura di regolarizzazione prevista dai commi 138, 139 e 140 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2023, in coerenza con i chiarimenti già resi, non da ultimo con la circolare 27 ottobre 2023, n. 30/E, il regime sanzionatorio applicabile è il seguente:in caso di omessa indicazione nel quadro RW di criptovalute, comprese quelle oggetto e/o derivanti dall’attività di staking, la norma sanzionatoria di riferimento è l’articolo 5 del Dl 167 /1990, senza applicazione del raddoppio della sanzione previsto per la detenzione di investimenti all’estero oppure di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (si veda il paragrafo 3.4 della circolare 30/E del 2023); in caso di omessa indicazione dei redditi derivanti dalla detenzione di cripto-attività, la norma di riferimento è l’articolo 1 del Dlgs 471/1997.
Nel caso in cui il contribuente abbia presentato la dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta interessati, potrà avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso previsto dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, con l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta, determinate secondo le tempistiche di presentazione delle rispettive dichiarazioni integrative.Si rammenta che, per il ravvedimento, l’inadempimento deve essere rimosso presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini previsti dall’articolo 43 del Dpr 600/1973, vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria.