TELEFISCO/5 Registro, la parola dell’Agenzia: norme irretroattive
È il principio del tempus regit actum che regola l’efficacia temporale delle modifiche all’articolo 20 del registro. Questo il pensiero delle Entrate, che si ricava dalla risposta fornita ieri a Telefisco. L’agenzia nega la valenza interpretativa della nuova norma, innovata dalla legge di Bilancio 2018, “appellandosi” alla previsione dello Statuto del contribuente, per il quale le norme interpretative devono essere qualificate come tali. Tuttavia la Cassazione ha, in più occasioni, stabilito che, per individuare norme a carattere interpretativo, non necessita affatto una espressa qualifica delle stesse.
Ad ogni modo, l’Agenzia afferma che le modifiche all’articolo 20 del Dpr 131/86 trovano applicazione «con riferimento all’attività di liquidazione dell’imposta effettuata dagli uffici dell’Agenzia a decorrere dal 1° gennaio 2018». Poiché l’«attività di liquidazione» per l’imposta di registro può avere una latitudine ampia, il senso più “tecnico” della risposta si ricava quando la stessa Agenzia afferma che le nuove disposizioni non si applicano con riferimento agli «avvisi di accertamento» già notificati in data antecedente al 1° gennaio 2018, ancorché non definitivi. In sostanza, l’Agenzia, negando la valenza interpretativa della norma, ritiene che le nuove disposizioni trovino applicazione per gli atti impositivi notificati dal 1° gennaio 2018.
Viene valorizzato il principio del tempus regit actum che, peraltro, venne ritenuto applicabile quando venne introdotta la normativa sull’abuso del diritto, oggi richiamata dall’imposta di registro. Così, secondo l’Agenzia, dovendo fare salve le precedenti disposizioni dell’articolo 20 per gli atti impositivi notificati fino al 31 dicembre scorso, ne deriva l’applicazione delle nuove norme per gli atti notificati dal 1° gennaio 2018.
Come si desume dalla sentenza della Cassazione n. 2007/2018, anche l’Agenzia sembra dare molta rilevanza all’aggancio con la previsione sull’abuso del diritto, oggi richiamata dal nuovo articolo 53-bis del registro. Premesso che tale previsione appare pleonastica, avendo già il principio di abuso applicazione generale per tutti i tributi, si nota che l’Agenzia afferma l’applicabilità dell’abuso del diritto nell’imposta di registro in ragione di un «vantaggio fiscale» che non può essere individuato mediante l’attività interpretativa dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. In realtà, come oramai ampiamente noto, non è il vantaggio fiscale che realizza ipotesi di abuso del diritto, ma il vantaggio fiscale «indebito». Non è cosa di poco conto, anche perché l’abuso del diritto è una vicenda del tutto residuale, dovendo ulteriormente fare i conti con il fatto che ogni volta che si va contro la legge si è in presenza di evasione, non di elusione. Con la conclusione che gli spazi per individuare ipotesi di abuso in materia di imposta di registro (come per le altre imposte) risultano davvero limitati.