Terzo settore, il nuovo Codice «scivola» su bilanci ed erogazioni liberali
Mentre la riforma del
La prima è relativa all’attuale regime delle
Tra lo smantellamento della vecchia norma e l’instaurarsi delle nuove regole c’è stato un problema di coordinamento temporale. L’articolo 99, comma 3 che abroga la «più dai, meno versi» è entrato in vigore il giorno successivo la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» del Codice (Dlgs 117/17), cioè dal 3 agosto. Da quella data l’abrogazione è legge e quindi la «più dai, meno versi» resta in vigore solo per le fondazioni e associazioni di ricerca scientifica e per le omologhe che tutelano i beni artistici, storici e paesaggistici, mentre fino alla fine del 2017 – in attesa dell’entrata in vigore delle nuove previsioni - i donatori di onlus e delle altre organizzazioni devono far riferimento ad altre norme meno vantaggiose. Stare cinque mesi senza «più dai, meno versi» appare davvero una beffa per le almeno 50mila organizzazioni che l’hanno finora fatta utilizzare ai propri donatori e che non avevano mai registrato alcuna dichiarazione sull’abrogazione improvvisa della norma. La soluzione a questa incongruenza dovrebbe arrivare per via interpretativa da parte dell’agenzia delle Entrate, dato che i tempi di una nuova legge vanificherebbero il carattere di urgenza assoluta della correzione.
Una seconda incoerenza appare frutto di un mancato coordinamento tra la prima parte del Codice (quella giuridica generale) e la seconda parte (sulla materia fiscale). Il tema è quello dei limiti economici a partire dai quali un ente del terzo settore è obbligato ad abbandonare il mero rendiconto finanziario e deve adottare il classico bilancio. Nella prima parte del Codice (articolo 13) si afferma che il limite è pari a 220mila euro, mentre nella seconda parte (articolo 87) il limite si assesta a 50mila euro.
Quando il testo parla di 220mila euro, i soggetti cui fa riferimento sono tutti gli enti del terzo settore e le tipologie di entrate sono di qualsiasi tipo, sia commerciali che non commerciali. Quando la stessa legge – solo un bel po’ di articoli dopo – abbassa il limite a 50mila euro, i soggetti interessati sono i soli enti non commerciali che dovrebbero invece essere quelli maggiormente agevolati. Il che porta al paradosso che un ente del terzo settore commerciale può redigere un semplice rendiconto “entrate -uscite” sfiorando i 220mila euro, mentre un ente del terzo settore non commerciale deve fare attenzione a non superare i 50mila euro anche se non avesse alcun tipo di entrata di natura commerciale.
In questo caso, il legislatore dovrebbe chiarire direttamente al terzo settore fino a quale livello di entrate intende consentire la redazione di semplici rendiconti in luogo dei bilanci.