Tfm all’amministratore, la data è certa con lo statuto
Per la Ctr Marche 128/05/2022 può bastare la sola previsione di carattere statutario. L’assegno deve essere definito con atto anteriore all'inizio del rapporto
L’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto può essere costituito dallo statuto sociale nel quale viene prevista l’indennità differita a chi riveste tale carica. Ci riferiamo all’atto richiesto dall’articolo 17, comma 1, lettera c), del Tuir per la tassazione in forma separata dell’indennità percepita dall’amministratore in occasione della fine del mandato (Tfm) e, per rinvio, dall’articolo 105, comma 4, Tuir per la deducibilità per competenza del medesimo compenso da parte della società erogante. Così, accogliendo l’appello proposto da una società di capitali, la Ctr Marche 128/05/2022 (presidente e relatore Gianni) interviene su un tema che è spesso oggetto di contenzioso.
L’estensione alla deducibilità per competenza (in luogo dell’applicabilità del principio di cassa) del requisito della determinazione con atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto per il Tfm degli amministratori – precedentemente ritenuto necessario solo per il beneficio della tassazione separata in capo all’amministratore - è dovuto alla risoluzione 211/E/2008, secondo una logica accolta dalla Corte di cassazione (da ultimo: pronunce 22760/2021, 13384/2020 e 31473/2019). Si discute, tuttavia, su quale sia, nel concreto, l’atto che possa presentare tali requisiti.
Riprendendo la decisione 207/03/2016 della Ctr Umbria, i giudici marchigiani ritengono che la previsione statutaria dell’indennità sia compatibile con quanto richiesto dal legislatore.
La conclusione non pare troppo lontana dalla risposta ad interpello 292/2021, con cui l’Agenzia ha riconosciuto la deduzione dell’indennità per competenza operata annualmente dalla società in una ipotesi in cui l’assemblea aveva determinato (con verbale avente data certa) un compenso complessivo (Tfm compreso) per l’intero Cda, il quale poi aveva provveduto (con verbale ordinario, privo di data certa) a ripartirlo tra i propri membri in relazione alle cariche assunte.
Leggendo la sentenza emergono anche altri due motivi di appello accolti dai giudici.
In primo grado, infatti, il ricorso era stato ritenuto inammissibile per tardività nella presentazione, non dovendosi nel caso di specie computare i 90 giorni previsti per l’accertamento con adesione dall’articolo 6 Dlgs n. 218/1997.
L’ufficio, infatti, aveva eccepito come la società avesse “abusato” di tale termine, presentando l’istanza pur senza avere alcuna intenzione di definire la questione in via amministrativa. Tesi bocciata dalla Commissione regionale, la quale, richiamando l’ordinanza n. 140/2011 della Corte costituzionale e le pronunce 3762/2012, 27274/2019, 22878/2017 e 21096/2018 della Cassazione, ha rilevato come non abbia alcun rilievo, ai fini della concessione della sospensione del termine di impugnazione dell’atto di accertamento, l’effettiva volontà del contribuente di procedere alla definizione della controversia: nel caso di specie, quindi, la mancata comparizione (peraltro nel solo terzo incontro fissato), «sia essa giustificata o meno, non ha rilevanza» e non è di per sé «idonea ad interrompere il periodo di sospensione perché non equiparabile ad una vera a propria rinuncia all’istanza per adesione, né fa venire meno ab origine gli effetti dell’istanza medesima e, quindi, la sospensione dei termini per l’impugnazione dell’avviso di accertamento».
Inoltre, viene contestualmente accolto anche un altro motivo di appello riguardante il difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, da parte di soggetto delegato e non dal direttore dell’ufficio, per carenza della prescritta motivazione con riferimento alle circostanze straordinarie che avevano giustificato il conferimento della delega (Cassazione, sentenza n. 22803/2015).