Imposte

Torna l’Ace con rendimento nozionale all’1,3%

immagine non disponibile

di Emanuele Reich e Franco Vernassa


Il Ddl di Bilancio, secondo le prime bozze circolate, reintroduce l’Ace, recependo i suggerimenti formulati dal mondo imprenditoriale, e contemporaneamente abroga la mini-Ires, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (anno solare 2019).

Si auspica che la reintroduzione dell’Ace tenga conto dei precedenti incrementi netti del capitale proprio, effettuati a partire dal 2011 e fino al 2018, affinché le imprese possano continuare a gestire la pianificazione finanziaria e patrimoniale senza soluzione di continuità con la precedente stratificazione, eventualmente salvaguardando l’affidamento dei contribuenti in relazione ad eventuali operazioni che comporterebbero la riduzione della base Ace effettuate durante la sua “teorica” abrogazione.

Il ripristino, che riguarda sia i soggetti Ires che Irpef, era stato auspicato per due motivi:
da una parte poiché rappresentava un importante incentivo alla capitalizzazione delle imprese italiane, con attenzione alla distribuzione dei dividendi, agli aumenti cash di capitale sociale, ai finanziamenti soci, alla conversione di prestiti obbligazionari, all’acquisto/vendita di azioni proprie;,
dall’altra perché era comunque uno strumento conosciuto e collaudato, pur se non facile da gestire nella sua normativa anti-elusione, che però riguarda sostanzialmente i gruppi di imprese, e che dopo 8 anni di vita è stata “metabolizzata” sia dalle imprese che dai consulenti.

In sintesi, da un lato vi è l’abrogazione della mini Ires, anche nella versione riveduta dall’articolo 2, commi da 1 a 8, del Dl 34/2019, e dall’altro lato si ripristina il meccanismo dell’Ace (articolo 1 del Dl 201/2014, norma che era stata abrogata dall’articolo 1, comma 1080, della legge di Bilancio 2019).

Il Ddl di Bilancio stabilisce che l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è fissata all’1,3%, in riduzione dall’1,5% previsto per il 2018.
La reintroduzione permette anche di utilizzare l’intero corpus normativo ed interpretativo esistente, a partire dal decreto attuativo (Dm 3 agosto 2017) e fino alle varie circolari, risoluzione ed interpelli emessi dall’agenzia delle Entrate.

In sintesi, si ricorda che il Dm 3 agosto 2017 individua l’incremento del capitale netto del capitale proprio quale differenza tra:

elementi positivi (utili accantonati a riserva, conferimento in denaro, compresa la rinuncia incondizionata dei soci al alla restituzione dei crediti e la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti di capitale sociale);

elementi negativi quale la riduzione del patrimonio netto con attribuzione ai soci a qualsiasi titolo, compresa la riduzione conseguente l’acquisto di azioni proprie.

Le modalità e le date da cui decorrono gli aumenti e le riduzioni del patrimonio netto sono contenute nell’articolo 5, comma 4 del Dm attuativo.

Per i soggetti diversi da quelli che svolgono attività finanziarie ed assicurative di cui alla sezione K dell’Atecofin 2007, ad eccezione delle holding non finanziarie, la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010; tale data è da considerarsi ancora valida se la norma del Ddl di Bilancio avrà carattere di continuità.

L’Ace, che è applicabile anche ai soggetti che aderiscono al consolidato fiscale ed alla trasparenza fiscale ,è piuttosto interessante anche ai fini Irap, poiché è prevista la trasformazione della cosiddetta eccedenza Ace di periodo in credito d’imposta per pagare l’Irap, modalità di utilizzo molto utile per le imprese con perdita Ires e base imponibile positiva ai fini Irap. Tale credito d’imposta va ripartito in cinque quote annuali di pari importo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©