Transfer pricing interno: i giudici limitano il Fisco
Per la Cassazione è l’Agenzia a dover provare che un atto infragruppo è inattendibile
L’accertamento con cui si contestano i corrispettivi realizzati nell’ambito di operazioni infragruppo tra imprese nazionali può fare riferimento al concetto di «valore normale» di cui all’articolo 9 del Tuir? È un tema attualissimo nel contenzioso, come dimostrato da due recenti pronunce di Cassazione (ordinanze 11053/2021 e 8176/2021), e che non ha trovato ancora un approdo stabile.
In passato il Fisco ha ritenuto possibile sindacare la congruità dei prezzi praticati nelle operazioni intercompany domestiche attraverso il ricorso del valore normale (risoluzione 9/198/1982 e circolare 32/1980), anche se non sono mancate affermazioni in senso opposto (circolare 53/1999). La stessa Cassazione ha avuto un atteggiamento oscillante, da un lato negando questa possibilità (pronuncia 23551/2012), dall’altro trasformandola in un’arma per contestare l’abuso di diritto (17955/2013 e, recentemente, 16366/2020).
Il dibattito, in dottrina e giurisprudenza, era molto vivace, poiché il riferimento al valore normale come metodo di valutazione era citato al comma 7 dell’articolo 110 del Tuir nei rapporti infragruppo con società non residenti (oltre che dall’articolo 9 per operazioni particolari, quali i conferimenti). Da un lato, questo inciso veniva assunto come giustificazione dell’inapplicabilità agli ordinari rapporti interni, dall’altro era ritenuto espressione di un principio generale volto a evitare abusi e arbitraggi.
Il legislatore è quindi intervenuto:
- da un lato con l’articolo 5, comma 2, del Dlgs 147/2015, norma interpretativa che dispone che la disciplina del transfer pricing di cui all’articolo 110, comma 7, Tuir «non si applica per le operazioni tra imprese residenti o localizzate nel territorio dello Stato»;
- dall’altro, con l’articolo 59 del Dl 50/2017, con cui il concetto di «valore normale» è stato estromesso dal comma 7 dell’articolo 110 in favore di un differente riferimento di congruità, basato su condizioni e prezzi «che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili».
Le attese di chi immaginava che queste modifiche normative ponessero fine al contenzioso in materia sono però rimaste frustrate. Se, infatti, le pronunce della Cassazione confermavano che «le transazioni infragruppo interne non sono soggette alla valutazione del valore normale ex articolo 9 del Tuir, né una eventuale alterazione rispetto al prezzo di mercato può, di per sé, fondare una valutazione di elusività dell’operazione», si aggiungeva tuttavia che «lo scostamento dal valore normale del prezzo di transazione può assumere rilievo, anche per operazioni infragruppo interne, quale elemento indiziario ai fini della valutazione di antieconomicità» (sentenza 16948/2019).
La sensazione, quindi, è che ciò che il legislatore ha “fatto uscire dalla porta” della contestazione da transfer pricing sia stato “fatto rientrare dalla finestra” dell’antieconomicità. Con la conseguenza che, una volta che il Fisco abbia dimostrato l’anomalia sussistente nei prezzi di trasferimento intercompany nazionali, spetti poi al soggetto verificato dimostrare che, nel contesto complessivo esaminato, tale anomalia non sussiste in quanto motivata e giustificabile. Laddove, naturalmente, le imprese non abbiano optato per il consolidato fiscale (articoli 117 e seguenti del Tuir), nel qual caso, evidentemente, gran parte delle contestazioni perdono rilievo.
Le due pronunce della Suprema corte depositate nel 2021 aiutano ad affrontare proprio questi principi. Con l’ordinanza 8176/2021, si afferma che «in relazione alle operazioni imprenditoriali di maggiore complessità o inserite in una strategia più generale, è ben possibile che, proprio nella logica del gruppo, siano compiuti da parte delle società dello stesso atti non onerosi, a beneficio delle consorelle o della controllante; sicché, la contestazione dell’agenzia delle Entrate … deve consistere nella positiva affermazione che l’operazione, sulla base di elementi oggettivi, era inattendibile». L’ordinanza 11053/2021 aggiunge che «l’interesse delle singole società del gruppo può, dunque, essere legittimamente sacrificato per perseguire l’interesse superiore del gruppo, ma con l’attribuzione alle controllate dei vantaggi compensativi» (in base agli articoli 2497 e 2634, comma 3, del Codice civile).
LA PRONUNCE (scheda a cura di Giorgio Gavelli e Renato Sebastianelli)
1. L’assenza di elusività
Le transazioni infragruppo interne non sono soggette alla valutazione del valore normale ex articolo 9 del Tuir; neppure un’eventuale alterazione rispetto al prezzo di mercato può, di per sé, fondare una valutazione di elusività dell'operazione.
Cassazione 16948/2019 e 23551/2012, in senso contrario 16366/2020
2. Inapplicabilità dell’art. 9, Tuir
L’articolo 5, comma 2, Dlgs 147/2015, ha sancito che la disposizione di cui all’articolo 110, comma 7, Tuir si interpreta nel senso che il valore normale è una regola particolare, che deroga a quella generale del corrispettivo pattuito solo ove espressamente richiamata. È esclusa, pertanto, l’applicabilità dell’articolo 9 del Tuir al transfer pricing domestico.
Cassazione 16948/2019, 2387/2019, ordinanza 11053/2021
3. Lo scostamento è indiziario
Nel caso di valutazione di antieconomicità, lo scostamento dal valore normale può assumere rilievo quale parametro indiziario: l’operazione che si pone fuori dai prezzi di mercato costituisce una possibile anomalia, tale da poter giustificare, in assenza di elementi contrari, l’accertamento, con conseguente onere in capo al contribuente di dimostrare che non sussiste, ad esempio perché inquadrato in una strategia economica diretta a raggiungere un risultato nell’interesse di tutte le società del gruppo.
Cassazione 16948/2019 e ordinanze 8176/2021, 3170/2018 e 22879/2017
4. Effetto del consolidato fiscale
L’ufficio non può porre in discussione la ripartizione dei costi effettuata tra imprese che aderiscono al consolidato fiscale dal momento che non sussistono danni per l’Erario.
Ctr Lombardia 2486/15/2018 e Ctp Reggio Emilia 45/4/2010
5. Rileva la relazione del revisore
La relazione del revisore non può limitare il potere di accertamento dell’ufficio. Tuttavia, tale relazione, «costituisce una pronuncia qualificata sulla verità della contabilità e del bilancio», con la conseguenza che anche l’amministrazione finanziaria ne deve tenere conto.
Cassazione 5926/2009
6. Il valore normale nel Tp interno
L’articolo 110 comma 7 del Tuir che disciplina il transfer pricing rinvia espressamente al criterio del valore normale (articolo 9, Tuir), in base all’orientamento precedente al Dlgs 147/2015 e al Dl 50/2017: ciò conferma la tesi per cui il criterio non sia una norma dettata per le sole transazioni internazionali, ma, avendo una portata più ampia e generale, torna applicabile anche nei casi di transfer pricing domestico o interno.
Cassazione 12844/2015, 8849/2014, 13475/2014 e 17955/2013, ordinanza 23124/2014