Controlli e liti

Transfer pricing, prova «pesante» a carico del Fisco

di Enrico Holzmiller

L’elusività della disciplina dei prezzi di trasferimento è da sempre un argomento delicato, sul quale la giurisprudenza si è espressa in modo non univoco. La delicatezza sta nel fatto che non solo l’onere della prova dell’intento elusivo viene valutato in modo difforme, ma anche la stessa natura elusiva della disposizione normativa viene a volte messa in discussione.

Partiamo dal dato letterale della normativa: l’articolo 110, comma 7 (ovvero il cuore della disposizione sul Tp) rinvia semplicemente al valore normale, ex articolo 9 del Tuir , delle transazioni intercompany internazionali. Da tale articolo, oggettivamente, non si evince direttamente alcun riferimento “elusivo”.

In tal senso possiamo richiamare la sentenza 18392/2015 della Cassazione, secondo la quale la normativa sui prezzi di trasferimento non è da considerarsi elusiva poiché non impone all’Amministrazione finanziaria di provare la differente fiscalità tra gli Stati interessati dalla transazione. In senso contrario tuttavia troviamo le sentenze 11949/2012 e 4927/2013 della Suprema corte che hanno ritenuto esistente la portata elusiva della norma.

La discussione va poi calata nel contesto dell’articolo 2697 del Codice civile, in termini di onere della prova, secondo cui «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento» e «chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti… deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda».

Ecco quindi che il tema dell’elusività diventa determinante: laddove venga accolto, l’Amministrazione finanziaria sarà chiamata a provare non solo lo scostamento dei prezzi dal valore normale, ma anche il vantaggio fiscale che ne deriva in funzione della differente tassazione tra Stati. Se viceversa si propende per la non elusività della disposizione, l’Ufficio sarà tenuto solamente a dimostrare l’esistenza di prezzi “sotto soglia”.

In questo panorama si inserisce la Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 8301 (depositata lo scorso 3 novembre) che, come vedremo di seguito, propende per la natura elusiva della norma.

In tale contesto, il contribuente (una società italiana con controllata in Francia) sosteneva che l’Ufficio avrebbe dovuto fornire la prova che le condizioni contrattuali, pattuite tra la verificata e la figlia straniera, comportavano effettivamente un indebito vantaggio d’imposta derivante dalla migliore collocazione degli imponibili fiscali, in paesi con una tassazione più vantaggiosa rispetto all’Italia.

Sul punto, l’Ufficio contrastava l’assunto della ricorrente, facendo proprie le statuizioni contenute in talune sentenze di legittimità, affermando che l’onere a proprio carico doveva limitarsi a verificare l’esistenza di transazioni intercompany di carattere internazionale, nonché la presenza di uno scostamento tra il corrispettivo pattuito e il valore di mercato, non essendo tale onere esteso alla prova della finalità elusiva.

I giudici milanesi, partendo da quanto affermato dalle due parti, giungono alla conclusione che «la disposizione in questione impone alle parti il riferimento a valori normali in luogo dei corrispettivi liberamente pattuiti tra le parti allorché vi sia un fondato timore che all’interno del medesimo gruppo di imprese possa sorgere la tentazione di allocare i redditi in Stati che offrono un livello di tassazione particolarmente vantaggioso, sottraendoli alla tassazione italiana» arrivando alla conclusione secondo cui «l’Ufficio deve provare il vantaggio fiscale di cui si è avvantaggiata, in modo non corretto, la società».

Nel caso de quo, come anticipato, le transazioni oggetto di analisi e contestazioni da parte dell’Ufficio erano rivolte dalla ricorrente alla consociata residente in Francia, paese europeo a fiscalità sostanzialmente omogenea con l’Italia, per certo non a fiscalità di favore.

A parere di chi scrive, la sentenza pare coerente con le recenti evoluzioni in ambito europeo: l’Ocse, nell’ambito del progetto Base Erosion and Profit Shifting (Beps), e in particolare nell’Action 8-10 (Assure that Transfer Pricing Outcomes are in line with Value Creation) contempla lo sviluppo di regole atte ad impedire fenomeni elusivi in ambito Tp, confermando pertanto, seppur implicitamente, la natura antielusiva delle disposizioni stesse (che non necessariamente deve limitarsi alla verifica della tassazione privilegiata degli Stati coinvolti).

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