Imposte

Transfer pricing, Tnmm è il metodo più affidabile

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di Massimo Romeo

I criteri di determinazione dei prezzi di trasferimento relativi ad operazioni controllate, ossia intercorrenti tra società infragruppo, fanno riferimento, in linea generale, a vari metodi di determinazione dei prezzi (tradizionali di confronto del prezzo o reddituali), con sostanziale equivalenza fra di essi ma con una preferenza sul metodo del raffronto diretto dei prezzi rispetto ai metodi che utilizzano il margine di redditività (eccezione).

Tuttavia, qualora l’applicazione del metodo Cup (confronto del prezzo) risulti nella pratica estremamente difficoltosa in ragione del tipo di mercato in cui si opera, è da ritenersi legittimo il ricorso al diverso e più affidabile metodo del margine netto della transazione. Questo uno dei principi emergenti dalla sentenza della Ctp Milano n. 3501/2019 del 26 agosto 2019 ( presidente e relatore Locatelli), che conferma la legittimazione della ripresa fiscale operata dall’amministrazione finanziaria.

La disciplina del transfer pricing, contenuta nell’articolo 110 comma 7 del Tuir, viene considerata dalla prassi e dalla giurisprudenza una «clausola antielusiva» finalizzata ad evitare che operazioni finanziarie infragruppo abbiano come unico o principale scopo quello di sottrarre utili all’imposizione fiscale in Italia, trasferendoli in Paesi con tassazioni più favorevoli.

Nelle controversie instaurate sul tema risulta essere centrale l’onere della prova che impone, da una parte, all’ufficio di dimostrare lo scostamento tra il corrispettivo pattuito e quello di mercato , dall’altra, al contribuente, di provare la «non elusività» delle operazioni poste in essere.

Recentemente il Dm 14 maggio 2018, in attuazione della norma citata ed in conformità alle linee guida Ocse, ha definito criteri generali di determinazione dei prezzi di trasferimento relativi ad operazioni controllate prevedendo , all’art.4 comma 1 del citato decreto, che tra i vari metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento previsti dal comma 2 ( suddivisi in metodi tradizionali di raffronto dei prezzo e metodi reddituali), debba essere privilegiato il «metodo più appropriato alle circostanze dei caso», di fatto stabilendo l’equivalenza dei vari metodi, salvo disporre al comma 3 (eccezione) che , a pari grado di affidabilità, è da preferire il metodo del raffronto diretto dei prezzi rispetto ai metodi che utilizzano il margine di redditività.

In tale direzione si muoveva la giurisprudenza prevalente già prima dell’introduzione del Dm laddove , con riferimento all’art. 9 del Tuir ( richiamato dal 110, comma 7), interpretava le regole sulla determinazione del «valore normale» deducendo che il criterio che deve prioritariamente essere utilizzato per identificare tale valore era quello del «confronto del prezzo» e solo in seconda battuta l’ufficio potesse fare riferimento al «confronto esterno», cioè alle tariffe praticate in transazioni comparabili tra imprese operanti nello stesso mercato ( ex multis sentenza Ctp Milano 6248/2017).

I giudici tributari milanesi , nel caso in esame, richiamano espressamente i dettati del Dm 14 maggio 2018 per giungere ad affermare la legittimità del metodo reddituale ( Tnmm) utilizzato dall’Ufficio rispetto al confronto del prezzo (Cup) in quanto quest’ultimo risultava nella pratica estremamente difficoltoso in considerazione del tipo di mercato in cui operava la ricorrente e , conseguentemente, più affidabile il metodo del margine netto della transazione, metodo peraltro largamente seguito nella prassi, secondo i dati Ocse.

In altro capo della motivazione i giudici provinciali rigettano altresì l’eccezione proposta dalla società ricorrente la quale aveva eccepito come il margine di redditività (Ros) realizzato dalla consociata sui mercati esteri , ritenuto troppo elevato dall’Ufficio, in realtà fosse uguale a quello realizzato dalla stessa ricorrente su tutti gli altri mercati esterni.

Il collegio ambrosiano sul punto evidenzia come proprio tale circostanza metteva in crisi il ragionamento proposto dalla società in quanto dall’intermediazione della consociata nelle vendite sui mercati esteri conseguiva l’effetto economico di ridurre di due terzi i profitti conseguiti dalla ricorrente ( produttrice) attraverso la vendita diretta, sintomo della finalità elusiva volta a trasferire materia imponibile, soggetta a tassazione nazionale, in capo a società infragruppo ubicata in paese estero con livelli di tassazione di gran lunga più favorevoli.

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