Trasferimenti immobiliari, legittima la rettifica che passa dai valori Omi
Nel comparto immobiliare risulta legittimata la rettifica dei corrispettivi dichiarati nel caso in cui i valori Omi si correlano ad altri elementi quali, in particolare, la difformità tra il prezzo di cessione e il maggior importo richiesto a mutuo dagli acquirenti. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ordinanza n. 4409/2018, depositata in cancelleria il 23 febbraio 2018.
Una Srl ha presentato ricorso per la cassazione di una sentenza con la quale la Ctr della Lombardia aveva solo parzialmente accolto l’appello proposto dalla contribuente avverso una sentenza della Ctp di Como. Nel caso in esame, a seguito di una verifica fiscale, l’ufficio aveva rideterminato i prezzi di vendita degli immobili ceduti dalla suddetta società, emettendo avvisi di accertamento per maggiori ricavi ai fini Irpeg, Irap e Iva.
La Srl ha proposto ricorso per Cassazione denunciando, ai sensi dell’articolo 360 Cpc, comma 1, n. 3 la violazione e la falsa applicazione degli aricoli 1, 2, 13 comma 1, 14 e 15 del Dpr n. 633/1972, degli articoli 9 e 85 del Dpr n. 917/1986, dell’articolo 24 comma 4 lettera f e comma 5 della legge n. 88 del 07 agosto 2009 (anche con riferimento all’articolo 35, comma 2, 3 e all’articolo 23 bis del Dl n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006 e all’articolo 15 preleggi) per avere la Ctr tenuto conto del prezzo del mutuo degli immobili in luogo del corrispettivo pattuito nel contratto di compravendita.
La Corte ha rigettato il ricorso presentato dalla Srl in quanto l’articolo 24, comma 5 della legge n. 88/2009 ha modificato l’articolo 39 del Dpr n. 600/1973 (così come l’omologo articolo 54 del Dpr n. 633/1972 in tema di Iva), eliminando le disposizioni introdotte dall’articolo 35 del Dl n. 223/2006 e ciò a seguito di un parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea la quale, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l’incompatibilità - in relazione, specificamente, all’Iva, ma ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette - di tali disposizioni con il diritto comunitario.
È stato così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato a essere rimesso alla valutazione del giudice il quale può, in generale, desumere l’esistenza di attività non dichiarate «anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti» e ciò deve intendersi con effetto retroattivo, stante la ragione di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 a intervenire (circolare n. 18/E/2010).
Pertanto, a parere del collegio, il motivo del ricorso risulta essere infondato in quanto la Ctr ha considerato gli importi dei mutui accordati agli acquirenti non come presunzione legale ma come presunzione semplice - legittimamente rimessa alla valutazione del giudice - che ha considerato il complesso degli elementi addotti dall’ufficio a giustificazione dell’accertamento, tant’è vero che la norma di cui si assume la violazione è stata richiamata dalla sentenza per dare atto della sua intervenuta abrogazione.
Per i giudici di piazza Cavour è pertanto legittima, nel comparto immobiliare, la rettifica dei corrispettivi dichiarati qualora i valori Omi si combinino con altri elementi, in particolare con la difformità tra il prezzo e il maggiore importo del mutuo richiesto dagli acquirenti, come nel caso di specie (Cassazione ordinanza n. 14391/2017), oltre al fatto che, a prescindere dai valori Omi, lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare l’accertamento, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materia di onere probatorio (Cassazione ordinanza n. 14391/2017).