Adempimenti

Trasparenza con sanzione soft

di Paolo Meneghetti e Gian Paolo Ranocchi

Il periodo d’imposta 2017 è il primo nel quale trovano applicazione le nuove regole in materia di esercizio dell’opzione per il regime di trasparenza delle società di capitale ex articoli 115 e 116 del Tuir. Si è passati dal rinnovo dell’opzione in forma esplicita ad un rinnovo implicito, ma si pone il problema se alcuni adempimenti collaterali vadano comunque eseguiti. In caso essi fossero stati necessari occorre considerare l’istituto della remissione in bonis quale rimedio per il mancato adempimento.

Con il Dlgs 175/2014 l’opzione si è trasferita nel modello Unico (ora si chiama Redditi), quindi da eseguire entro il termine del medesimo, fermo restando l’adempimento collaterale della raccomandata dei soci. Lo scorso anno, con l’articolo 7-quater del Dl 193/2016, il rinnovo della opzione è diventato tacito, quindi l’opzione va eseguita in modo esplicito per il primo periodo di applicazione del regime, mentre alla scadenza del triennio essa si intenda tacitamente rinnovata di un altro triennio, salvo che non sia esplicitamente revocata.

Pertanto le società per le quali il triennio dell’opzione è scaduto nel 2016 e volevano rinnovarla per un altro triennio non avevano necessità di esplicitare tale intenzione nel modello Redditi presentato entro ottobre 2017, poiché il rinnovo è diventato tacito. Bisogna però notare che nessuna norma ha abolito l’invio della raccomandata con ricevuta di ritorno da parte dei soci alla società.

La domanda che si pone è se tale adempimento vada eseguito prima del rinnovo dell’opzione.

Secondo una prima tesi si potrebbe sostenere che avendo abolito la necessità di esplicitare il rinnovo di un triennio della opzione sia implicitamente abolito anche l’obbligo di invio della raccomandata dei soci, al fine di non vanificare l’intento semplificatore del Dl 193/2016.

Secondo una tesi più rigorosa, invece, il tacito rinnovo è comunque una manifestazione di volontà ad aderire a un regime la cui applicazione necessita il preventivo assenso dei soci.

Con ogni probabilità siamo di fronte a un mancato coordinamento normativo, nel senso che sarebbe stato meglio un intervento esplicito del legislatore o almeno dell’agenzia delle Entrate in un senso o nell’altro, vista la delicatezza della questione. In ogni caso, anche ipotizzando la tesi meno favorevole al contribuente sembra comunque applicabile un rimedio tardivo, cioè l’istituto della remissione in bonis.

Infattiin base all’articolo 2 del Dl 16/2012 il mancato adempimento può essere sanato eseguendolo entro il termine della successiva dichiarazione dei redditi versando la sanzione fissa di 250 euro, sempre che siano presenti i requisiti per l’esercizio dell’opzione e che l’adempimento tardivo non sia configurabile come un semplice “ripensamento”, come afferma la circolare 47 del 2012 (paragrafo 3). Nel caso in questione la volontà a rinnovare l’opzione deriva dalla mancata esplicitazione della revoca, quindi risulta inconfutabile la scelta (cioè non un ripensamento tardivo) ma potrebbe (secondo la tesi più rigida) non essersi perfezionata perché manca la raccomandata dei soci. È vero che la circolare 38/E/2012, dedicata alla remissione in bonis in materia di regime di trasparenza, non parla di tale omissione.

Tuttavia si ritiene che, nonostante l’omissione in questione non derivi dal modello dichiarativo, la ratio del Dl 16/2012 porti alla conclusione che sia possibile rimediare tramite l’invio della raccomandata dei soci dopo il 31 ottobre 2017 ed entro il 30 settembre 2018, versando contestualmente l’importo della sanzione fissa. Se prevalesse la tesi meno favorevole ( obbligo di invio della raccomandata), una conferma da parte delle Entrate sull’utilizzo della remissione in bonis sarebbe auspicabile.

I casi di applicazione

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