Tre vie per trattare i benefici di chi usa il cash pooling
Il cash pooling è un contratto con cui i gruppi ottimizzano la gestione della liquidità, riducono i costi finanziari o ottengono rendimenti maggiori grazie all’aggregazione delle posizioni dei partecipanti. Viene raramente utilizzato tra parti terze e (anche) per tale motivo presenta alcune complessità nella determinazione dei tassi intragruppo.
Un aspetto importante nel definire la transfer pricing policy è la quantificazione della remunerazione del cosiddetto cash pool leader. Di solito il leader ha un ruolo di mero coordinamento delle attività dei membri del cash pool, per cui dovrebbe essere compensato con una commissione per il servizio svolto. Vi potranno essere dei casi in cui le attività del leader comportano funzioni e rischi maggiori, il che potrebbe giustificare un guadagno più elevato, commisurato allo spread tra tassi attivi e passivi: in ogni caso gli altri partecipanti non dovrebbero trovarsi in condizioni peggiorative rispetto ad altre alternative disponibili.
La policy deve inoltre stabilire come distribuire i benefici tra i membri (ad esempio, tassi più favorevoli di quelli ottenibili individualmente, risparmi dovuti alla compensazione di partite a credito e debito, eccetera). L’Ocse propone tre approcci:
• applicazione di tassi migliorativi (sia passivi che attivi) per tutti i partecipanti in base ai “volumi”; • applicazione di un unico tasso, creditorio o debitorio, a tutti i partecipanti, ma solo nel caso in cui questi abbiano meriti creditizi allineati;
• allocazione del beneficio ai soli partecipanti con posizione creditoria, nel caso in cui questi sostengano un rischio di credito “genuino”.
Per quanto riguarda le garanzie intercompany, il documento Ocse si focalizza sulle garanzie esplicite che comportano degli obblighi contrattuali per il garante qualora il garantito sia inadempiente: il caso più frequente è quello in cui un soggetto di gruppo emette una garanzia a favore di una consociata in relazione a un finanziamento ottenuto da quest’ultima con una parte indipendente.
Il metodo Cup è il più affidabile nei casi (non frequenti) in cui possano essere individuate transazioni comparabili, il che richiede di considerare tutti i fattori che possono incidere sulla commissione di garanzia: termini contrattuali del finanziamento garantito, credit rating del debitore e differenziale con il garante, condizioni di mercato e così via.
Un altro metodo comunemente utilizzato è il cosiddetto yield approach che si basa sulla quantificazione del beneficio ricevuto dal garantito. Il beneficio è pari alla differenza tra il tasso in assenza della garanzia considerando l’effetto del supporto implicito da parte del gruppo e il tasso applicabile al finanziamento garantito cui va aggiunto il costo della garanzia. In condizioni arm’s length il differenziale è l’importo massimo che il debitore sarebbe disposto a pagare.
Altri metodi possono essere basati sulla quantificazione dei rischi aggiuntivi per il garante (cost approach), sulla stima della probabilità di default sull’importo garantito al netto di un tasso di recupero (expected loss approach) o sul rendimento del capitale che sarebbe necessario per portare il credit rating del garantito al livello del garante (capital support).