Controlli e liti

Tregua fiscale per chiudere le vecchie liti con lo sconto

Chiusura delle cause in primo e secondo grado pagando un forfait. Incentivo alla conciliazione giudiziale con sanzioni ridotte al 5%

di Marco Mobili e Giovanni Parente

La tregua fiscale allarga i confini anche alle liti. O meglio, punta ad ampliare il perimetro della sanatoria delle controversie pendenti, che la riforma del processo tributario varata ai titoli di coda della scorsa legislatura, ha previsto per le sole cause in Cassazione. Ora il Governo vuole un'operazione a più ampio raggio nell’ottica di deflazionare le pendenze nelle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado.

Come per altre sanatorie, uno schema di partenza da affinare c’è già. Ripartire dalla pace fiscale targata 2018 dell’allora maggioranza giallo-verde. Ma con un obiettivo in più: far decollare la conciliazione giudiziale con un drastico abbattimento delle sanzioni al 5 per cento. L’istituto deflattivo, che prevede un accordo in giudizio tra ente impositore e contribuente, è stato finora praticamente inutilizzato: basti pensare che nel 2021 sono state chiuse con la conciliazione appena lo 0,4% delle liti in primo e secondo grado (685 su un totale di 193mila).

La parte più sostanziosa, però, della tregua fiscale applicata al contenzioso riguarderà le liti in corso con le Entrate in primo e secondo grado. Replicando lo schema della pace fiscale, vorrebbe dire la possibilità di una chiusura a forfait a seconda dell’andamento e del grado della lite. In pratica, la definizione agevolata passerà dal pagamento di un importo del 40% del valore in caso di soccombenza del fisco in primo grado, mentre l’importo dovuto sarebbe molto più ridotto se l’amministrazione finanziaria fosse risultata “perdente” in appello. In quest'ultimo caso, la contesa verrebbe estinta con il pagamento di appena il 15% del valore complessivo. Un discorso a parte, invece, merita chi ha appena avviato una lite in primo grado, perché in questa circostanza la scelta di chiudere i conti e non proseguire costerebbe il 90 per cento.

Ma la manovra sarà molto probabilmente il terreno per rimettere mano (anche per via parlamentare) alla definizione agevolata in corso delle liti in Cassazione. Attualmente la sanatoria, che punta a smaltire l’arretrato tributario presso la Suprema corte, è articolata su un doppio livello: in caso di doppia sconfitta integrale delle Entrate nei precedenti gradi di giudizio, si possono cancellare le liti in Cassazione fino a 100mila euro pagando il 5%; qualora, invece, l’Agenzia abbia perso in un solo grado di giudizio, la sanatoria è rivolta alle liti fino a 50mila euro ma con il pagamento del 20 per cento. Limitazioni su cui, ancor prima di assumere l’incarico, l’attuale viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, non aveva mancato di segnalare le criticità che ne frenano il potenziale appeal. È il caso, ad esempio, della preclusione del precedente esito favorevole (anche perché chi ha vinto due volte potrebbe essere più tentato di andare fino in fondo al giudizio) o della soglia che taglia fuori molti contenziosi complessi e di lunga data dalla portata della definizione agevolata.

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