Controlli e liti

Troppo vino non determina il reddito del ristorante

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di Laura Ambrosi

Un consumo di vino ritenuto eccessivo e sproporzionato rispetto al numero dei coperti non basta ad accertare un maggior reddito nei confronti del ristoratore se il giudice motiva in modo congruo la propria decisione. Ciò perché l’apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi posti a base dell'accertamento attiene alla valutazione dei mezzi di prova rimessa in via esclusiva al giudice di merito, salvo eventuali censure sulla congruità delle relative motivazioni. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza 1103 depositata ieri.

Ad un ristoratore erano accertati maggiori ricavi con riferimento ai numeri di coperti praticati in un anno sulla base del consumo di vino pari a 33 cl pro capite. La Ctp e la Ctr ritenevano infondata la pretesa. In sintesi, la quantità di consumo di vino per pasto appariva un dato aleatorio in quanto variabile in relazione ai gusti ed alle abitudini di ciascun cliente.

Il ricorso per Cassazione, in cui l'ufficio lamentava sostanzialmente che si poteva ben presumere da un fatto noto, quale il consumo di vino, il fatto ignoto (la omessa fatturazione), è stato respinto dai giudici di legittimità. Per la Corte non è in discussione la validità teorica dell'utilizzo del criterio; ma se l'esito di tale metodo confligge con le possibilità teoriche di consumo di vino, viene meno l'attendibilità nel suo complesso. Ciò attiene alla prova a carico dell'Ufficio in quanto solo a seguito della valutazione di sufficienza, l'onere contrario si trasferisce sul contribuente.

Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 1103 del 18 gennaio 2017

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