Controlli e liti

Trust, revoca ad assetto variabile

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di Angelo Busani

Nel caso dell’atto di apporto di beni a un trust, qualificabile come effettuato a titolo oneroso, che sia impugnato con l’azione revocatoria ordinaria al fine di farlo dichiarare inefficace, il beneficiario del trust è litisconsorte necessario e lo stato soggettivo del terzo rilevante (e cioè la consapevolezza del pregiudizio per il creditore) è quello del beneficiario e non quello del trustee. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 13388 depositata ieri. A questo giudizio di legittimità è stato sottoposto un apporto di immobili in trust, stipulato nel 2012, da un soggetto che, nel 2011, aveva garantito un affidamento bancario con una fideiussione personale. In primo e secondo grado la domanda di revocatoria era stata accolta. Nel ricorso in Cassazione il trustee ha sostenuto che:

il trust non sarebbe un atto a titolo gratuito in quanto il trustee, soggetto terzo e diverso rispetto al disponente, assume un’obbligazione nei confronti di quest’ultimo, ricevendo un compenso, mentre il disponente, con il trasferimento immobiliare, fornisce la provvista per l’adempimento dell’obbligazione;

dall’istituzione e dotazione del trust discende un fascio di obbligazioni del trustee verso i beneficiari del trust, sicché mancherebbero i requisiti dell’assenza di corrispettivo e arricchimento dell’avente causa che distinguono l’atto gratuito.

Secondo la Cassazione, pur essendo l’azione revocatoria diretta verso l’atto di apporto al trust, e non verso l’atto istitutivo del trust, la programmazione di interessi che caratterizza l’atto istitutivo non resta estranea alla revocatoria perché la qualificazione dell’atto di apporto di beni, sotto il profilo della sua gratuità od onerosità, dipende dall’interesse che il disponente manifesta nell’effettuare l’atto di apporto e, quindi, dal rapporto esistente fra il disponente e il beneficiario. Dovendosi escludere che l’onerosità dell’atto di disposizione patrimoniale possa essere posta in relazione all’eventuale compenso stabilito per l’opera del trustee.

E così, se il trust è allestito, ad esempio, per realizzare un rapporto di garanzia tra disponente e beneficiario (in ragione del credito che venga concesso al disponente in dipendenza del trust) si ha un atto di natura onerosa; invece, se il trust è finalizzato alla soddisfazione dei bisogni della famiglia del beneficiario si verte nel perimetro degli atti gratuiti. Con la conseguenza che, ai fini dell’azione revocatoria, nel caso dell’atto di apporto di natura onerosa, l’attore deve dimostrare che il beneficiario – e non il trustee – sia consapevole di tale pregiudizio. Invece, se l’atto di apporto è qualificabile in termini di atto gratuito, il problema di prova non si pone, in quanto l’apporto al trust si rende revocabile anche se il beneficiario addirittura non abbia conoscenza dell’atto di disposizione patrimoniale.

Cassazione, sentenza 13388/2018

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