Controlli e liti

Un «guantometro» stana-evasori

di Laura Ambrosi

Legittimo l’accertamento all’odontoiatra fondato sul numero di guanti monouso acquistati nel corso dell’anno: un dato che potrebbe indicare, secondo la comune esperienza, compensi non dichiarati. A fornire questo interessante principio è la Corte di cassazione con l’ ordinanza n. 4168 depositata ieri. L’agenzia delle Entrate notificava a un odontoiatra, titolare di due studi professionali, un avviso di accertamento fondato sulla ricostruzione analitico-induttiva dei ricavi. In particolare, secondo l’Ufficio, la quantità dei materiali “usa e getta” acquistati dal medico, era un indizio dell’esistenza di prestazioni non fatturate. Il contribuente proponeva ricorso dinanzi al giudice tributario eccependo l’illegittima applicazione del metodo analitico-induttivo poiché la contabilità risultava regolarmente tenuta, e, in ogni caso, la pretesa era fondata solo su un unico elemento, costituito dal numero dei guanti impiegati. Peraltro, lo studio di settore di quel periodo di imposta risultava congruo e coerente.

Entrambi i giudici di merito ritenevano però fondata la pretesa e il professionista ricorreva in Cassazione. La Suprema corte, confermando la decisione di merito, ha evidenziato che gli studi di settore costituiscono solo uno degli strumenti utilizzabili dall’Agenzia per accertare maggiori redditi in via induttiva, in presenza di una contabilità formalmente regolare, ma sostanzialmente inattendibile.

Si tratta di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati rispetto a quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche del concreto esercizio dell’attività.

I materiali di consumo possono esprimere incongruenze tra costi e ricavi e quindi attività non dichiarate. Potrebbero infatti evidenziare abnormità o stranezze in contrasto con elementari regole economiche, tali da rendere immediatamente evidente la sussistenza di anomalie. Si tratta così di elementi presuntivi utilizzabili ai fini accertativi e ciò a prescindere dalla congruità ai risultati degli studi di settore.

Nella specie, il giudice di secondo grado aveva adeguatamente valutato il calcolo dei guanti effettuato dall’Ufficio. Più precisamente, erano stati considerati gli acquisti effettuati nel periodo di imposta, erano stati detratti i pezzi di misura più piccola destinati all’assistente e una percentuale di scarto. Il risultato era stato poi confrontato con il numero dei tovaglioli e degli aspira-saliva acquistati, al fine di determinare le presumibili prestazioni complessivamente eseguite. Secondo la Suprema Corte, l’analisi effettuata dalla Ctr risultava adeguatamente motivata e non poteva essere valutata e sindacata nel merito in sede di legittimità. Da qui la conferma dell’accertamento.

Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 4168 del 21 febbraio 2018

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